Sardegna e Rinnovabili, il vero nodo della questione e la soluzione in tre punti.

Da anni lotto con tutte le mie forze per portare avanti la transizione energetica, con una chiara strategia, attraverso la fondazione, sin dall’anno 2022, dell’Associazione Elettrica sarda, dove tra l’altro si parla anche di idroelettrico, ma come Presidente della piú grande CER della Sardegna vi posso assicurare che al momento a noi sardi é precluso parteciparVi. Ed é questo il punto cruciale che in troppi non vogliono capire. Siamo ai margini del sistema perchè gli investimenti (auspicabili) determinano a valle un forte squilibrio sul piano del ritorno economico. Tutta la marginalità realizzativa/costruttiva e produttiva (energetica) rimane fuori dalla Sardegna. A queste condizioni é ovvio assistere a reazioni irrazionali per non dire deleterie e autolesionistiche. Da quattro anni chiediamo tavoli permanenti su questi punti, ma la finanza é dura d’orecchi. Tre anni fa, attraverso la CONFAPI Sardegna, partecipai alla presentazione di un parco eolico off shore da costruire in Sardegna, una iniziativa dela Falk Renewables. Sollevai la questione energia e le ricadute sui territori. Mi si rispose che non era la sede e che la questione energia si dovesse considerare come questione marginale e di scarso interesse per i sardi. Io insisto. Volete costruire i sacrosanti impianti di cui la stessa Sardegna e la Repubblica Italiana hanmo effettivamente necessità? Vendeteci l’energia anziché rifatturarcela dopo il giro delle sette Chiese.

Su questo punto, a dire il vero, non ho trovato sponda presso le aziende sarde, tra le quali diverse del settore energia, quelle alle quali mi sono rivolto da subito per programmare una rivoluzione del mercato dell’energia in Sardegna. E’ quindi anche ovvio che il problema c’è, ma anche noi sardi abbiamo la nostra parte di responsabilità perché fatichiamo a prenderci dei rischi. A volte ho paura che la Sardegna sia vittima di un’approccio troppo essistenzialistico. Da anni vado dicendo che il problema dell’energia in Sardegna non lo si risolve con le concessioni di Roma, con gli sconti in bolletta, con i contributi eccezionali, ma con la piena partecipazione dei sardi alla transizione energetica, perchè solo in questo modo l’energia può diventare un vantaggio sul piano dei costi di impresa, divenendo di fatto un volano per la crescita delle aziende e per l’insediamento di nuove realtà. Che l’energia in Sardegna avrà in futuro un costo inferiore a quello del resto d’Italia non ho dubbi, Il dubbio è che questo minor costo possa avere riflessi positivi sulle aziende e sui cittadini sardi, perchè un costo strutturalmente più basso dell’energia sarebbe fondamentale ed equivarrebbe ad una Zona Economica Speciale a tempo indeterminato, con ricadute positive ben immaginabili. Alla luce delle attuali dinamiche del mercato dell’energia per ora questo auspicio è solo una chimera. Dobbiamo fare una rivoluzione, ma le dimostrazioni di piazza e l’approccio terroristico contro le rinnovabili non porteranno a un bel nulla se non addirittura a peggiorare le cose, perché il rischio vero per la Sardegna, in mome di una legittima richiesta di maggior trasparenza, è quello di perdere il treno della transizione energetica e ritrovarci tra qualche anno ad elemosinare, (aimeh!), contributi gevernativi per abbattere i più alti costi energetici dovuti ad una condizione di perdurante dipendenza dal carbone.

Qual’è dunque il punto? Le Comunità Energetiche, sono nate per mettere i territori nelle condizioni di condividere l’energia rendendo la filiera produttiva come qualcosa piú vicina ai cittadini con piú evidenti ricadute locali, oltre che favorire la formazione di una cultura e consapevolezza dei cittadini sul tema energia e invece oggi TERNA, per motivi tecnici, ci nega la connessione di impiantini da 200 kW, mentre i grandi impianti da decine di MW hanno orma (legittimamente) prenotato tutta la potenza disponibile in rete. Vi sembra accettabile? A noi sardi nemmeno le briciole? Non finanziamo, non costruiamo, non manutentiamo, non produciamo, non possiamo nemmeno acquistare energia alla fonte, ospitiamo le centrali e paghiamo le bollette a prezzo unico nazionale. Vi sembra tutto normale? A me, convinto sostenitore delle FER, no. Il mio é un appello. Qua in Sardegna rischiamo di non fare nemmeno le CER, visto che anche per le CER senza finanza non si va lomtano. Scusate per lo sfogo. Sono a disposizione con l’augurio sincero che i 6GW vengano realizzati, perchè con l’attuale condizione delle reti la vedo dura (altro che i 68 GW del terrorismo mediatico!). Contattatemi se volete andare oltre la sterile protesta. Noi dell’Associazione Elettrica Sarda abbiamo una strategia ben definita sulla questione energia. Potete aderire cliccando su questo qui.

La soluzione c’è ed è chiara a tutti: 1) si apra con gli investitori un tavolo di confronto sui meccanismi più adatti per garantire una vera partecipazione alla filiera dell’energia da parte delle aziende sarde; 2) riconoscendo nel contempo un’opzione sull’acquisto dell’energia prodotta dagli impianti di energia rinnovabili; 3) ed infine prevedendo un riscatto degli impianti da parte di aziende e CER sarde dopo un certo numero di anni al fine di permettere al tessuto economico locale di entrare in possesso dei siti produttivi. Le CER sono nate anche per favorire questi processi.