Prezzo del latte ovino sfiora i 2 euro al litro. Il mercato canadese ha fatto la differenza.
Correva l’anno 2018 e montavano le inutili polemiche sul Ceta, sigla di Comprehensive economic and trade agreement, in altre parole un accordo commerciale fra Unione europea e Canada che riguardava anche i prodotti alimentari
Tra i punti dell’intesa c’erano l’abbattimento dei dazi, la semplificazione degli investimenti (aprendo i rispettivi mercati alle imprese) e la tutela di prodotti agroalimentari, fissando dei parametri più rigidi. Come spesso succede in Italia tutto si buttò in caciara. Perché ogni cosa che si muove, ogni progetto, ogni programma, ogni idea non importa se sia buona o no, ma importa che non diventi un successo del quale qualcuno possa fregiarsi.
Ecco spiegato ad esempio il gran casino fatto qualche anno fa sul latte ad un euro al litro, che oggi sfiora quasi i due, ma ricordo ancora gli echi delle polemiche, tanto che a qualcuno ancora oggi nelle chat dei social scappa di scrivere: ” ma non avevano promesso il latte di pecora ad 1 € al litro?” Già dal 2020 lo si pagava quasi così, ancora di più se biologico, sino ad 1,30 € per litro. Dal 2021 il prezzo era abbondantemente sopra. E quest’anno si veleggia verso i 2,00 €.
Quindi, in pratica, meno male che la politica non è stata al gioco delle sterili polemiche di parte e ha ben pensato di ratificare quell’accordo commerciale con il Canada, che è diventato un affare per gli italiani, come per la Sardegna.
In Italia le polemiche sono una vera e propria arte, concepita per gettare fango sugli avversari. Ebbene anche l’accordo Ceta era una cosa seria e se oggi abbiamo il latte sardo di pecora a quasi 2 € al litro lo dobbiamo principalmente proprio all’accordo commerciale con il Canada, che in molti hanno osteggiato. Perché fare casino paga sempre, nel breve periodo, ma fa moti danni nel lungo.
Aveva ragione Camillo Bellieni a battersi per una Sardegna immersa nel libero mercato, perché anche l’Irlanda lo ha scelto ed i risultati si sono avuti evidenti. Ma i sardi vedo che in genere sono più preoccupati di partecipare al tifo da stadio piuttoisto che capire che lo sviluppo è il risutato di programmi strutturali di lungo periodo, di un approccio meno assostenziale, senza il cappello in mano. Se non ci prendiamo le competenze non cambierà mai nulla.
Ma cosa è successo in due parole? Semplice. L’apertura al mercato canadese, dandoci un grande e nuovo sbocco di mercato, ci ha tolto dalle grinfie del mercato americano, sino a quel momento unico acquirente significativo del pecorino romano. Il resto è facile da immaginare. Si è avuta una contrazione delle quantità disponibili negli Stati Uniti e nessuno ha più potuto giocare con il magazzino (ora riempiendolo, ora svuotandolo, un po’come si è fatto con il gas l’anno scorso).
E quindi? E quindi smettiamo di lagnarci di tutto, di sputare su tutti, di rivoltarci contro tutti, di parlare a casaccio, di correre indietro a qualsiasi polemica giusto perché ci sentiamo leoni e poi di fatto facendoci del male e iniziamo a pensare ad un mercato più aperto aperto, senza dazi, senza burocrazia, più competenze per la Sardegna, più potere decisionale. E ricordiamo qual é la nostra posizione geografica, al centro del Mediterrano, non lontano dalla penisola italiana, ma ad un tiro di schioppo da Spagna, Francia e soprattutto Africa, il continente destinato alla più elevata cresita economica nei prossimi 50 anni.
In Italia e d in Sardegna al momento esiste un problema serio che si chiama informazione ed un altro ancora più serio che si chiama ascolto e riflessione. Sui social si legge di tutto e quel che è peggio è che le più grandi cretinate prendono piede e divengono verità. Spesso la verità è vera come il suo contrario, tanto da vedere gli stessi politici oggetto di critiche esattamente opposte. Della serie, l’importante è dire qualcosa e fare casino, guai comunque a riflettere. Tanto chi se ne frega. E’ solo una illusione, l’illusione di esercitare un diritto e di contare qualcosa, ma a me pare che stiamo solo concorrendo a distruggere tutto quello che ci passa davanti.
Viva il CETA, viva il Canada, viva il libero mercato e Fortza Paris!