Autonomia differenziata, una grande opportunità per la Sardegna. Il commento articolo per articolo.

In questi giorni, dopo quasi venti anni di silenzio istituzionale, ha nuovamente fatto capolino la questione della mancata attuazione del nuovo art. 116 della Costituzione Italiana sulla cosiddetta autonomia differenziata ed è balzata agli onori della cronaca la bozza Calderoli. In realtà non si è trattato di un fulmine a cile sereno, perché la poltica ha giocato sul tema per anni con grande ambiguità da parte delle forze culturalmente e storicamente ostili per ragioni ideologiche preconcette. La verità è che per diversi lustri tutti i governi che si sono succeduti hanno cercato di arginare la richiesta di maggiore autonomia delle Regioni cercando di applicare il modello spezzatino, cioè una trattativa con i singoli territori che relegasse il tema a questione residuale. La verità è ben altra e soprattutto sono forse davvero maturi i tempi per una modernizzazione della struttura istituzionale dello Stato che prenda definitivamente la strada di un futuro federalismo, e non solo sul piano fiscale.

La mia personale posizione sul tema é ben nota e passa dalla mia adesione incondizionata del progetto Sardegna Stato Federale, un progetto per un nuovo statuto per la Regione Sardegna (presentato a Macomer il 21 Maggio 2022), una vera e propria Carta Costituzionale Sarda (Sa Carta de Logu Noa pro sa Sardigna) che sia capace di applicare al meglio il diritto si autodeterminazione dei popoli salvaguardando nel contempo la compatibilità con la Carta costituzionale della Repubblica Italiana.

Come al solito in Italia, come anche, purtroppo in Sardegna, quando si parla di cose serie, la reazione è sempre e solo una: non si parla del tema, ma si butta tutto in caciara, ad iniziare dal mantra secondo il quale l’autonomia differenziata costituerebbe in realtà una sorta di seccessione egoista delle regioni più ricche del Nord. Bugia non fu più grossa.

Il problema in Italia, come in Sardegna, è che nessuno ormai studia più ed è molto più semplice rifarsi all’immaginario collettivo, alle paure, ai dejavu, alle leggende metropolitane. Da più voti nell’immediato e rende tutto più facile. Studiare e rendere conto invece alle generazioni future è più faticoso e soprattutto meno remunerativo sotto il profilo elettorale.

La verità è che il provvedimento proposto dal ministro Calderoli è osteggiato prevalentemente per motivi di appartenenza poltica e di gioco tra le parti, ma non vi è dubbio che contiene molte delle richieste che i sardi hanno avanzato a partire dalla prima proposta di statuto regionale elaborata dal Partito Sardo d’Azione nel 1946 e affossata anch’essa per motivi squisitamente poltici e di bottega.

I nemici della maggiore autonomia delle Regioni rispetto allo Stato Italiano, ingessato dal dopo guerra in una gabbia che è nel contempo falsa rappresentazione di una nazionalità confusa e freno alla crescita tanto del Nord quanto del Sud della Repubblica Italiana, urlano e sbraitano perché non possono accettare una sconfitta storica sul piano politico e nel far ciò dimenticano o fanno finta di dimenticare che la bozza Calderoli non è che l’attuazione di una riforma costituzionale di oltre vent’anni fa e di un accordo con le Regioni frutto di un lavoro trasversale ai partiti tra i quali in primis proprio del Partito Democratico, maggiore partito dell’attuale opposizione in parlamento,

Le “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione” presentate ormai da settimane sotto forma di bozza aperta dal Ministro Calderoli Roberto Calderoli, politico e medico italiano, ministro per gli affari regionali e le autonomie del Governo Meloni, sono la prosecuzione dei un percorso inziato anni fa e totalmente definito da molti governi di diverso colore e non ultimo da un ministro del maggior partito di opposizione, il PD e suona davvero strana ora questa levata di scudi. che ha il solo obiettivo di azzoppare qualsiasi tentativo di riforma del superato sistema istituzionale italiano.

Non ultimo, ma a conferma della giustezza della mia poszione, non posso non citare quanto affermato dal Presidente della Reubblica Mattarella, primo baluardo della vigente Costituzione Italiana, che, all’incontro al Quirinale con i Presidenti di Regione il 4 agosto 2020, nel cinquantesimo anniversario di costituzione delle Regioni a statuto ordinario, facendo riferimento al “percorso in atto delle autonomie differenziate previsto dall’art.116 della Costituzione” ha affermato testualmente: “Sono ben consapevole che questo viene visto non al fine di competizione tra le Regioni – né, tantomeno, di emarginazione – ma come sollecitazione per attingere tutte più adeguati livelli di efficienza. Il perseguimento di ‘ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia’, nello spirito del dettato costituzionale, appare idoneo a valorizzare specificità e capacità delle singole regioni, sempre in chiave di collaborazione politica. Diverrebbe così possibile realizzare aperture e diversificazioni che, nel loro insieme, accrescano il dinamismo dei territori, rafforzando al contempo il tessuto della Repubblica e salvaguardando appieno le esigenze unitarie”.

Vediamo il breve contenuto del provvedimento.

L’Articolo 1 ricorda che la legge viene proposta “nel rispetto dei principi di unità giuridica ed economica, indivisibilità e autonomia e in attuazione del principio di decentramento amministrativo, definisce i principi generali per l’attribuzione delle funzioni, connesse con il riconoscimento di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, nonché le modalità procedurali di approvazione delle intese fra lo Stato e una Regione”. L’autonomia differenziata, dunque, non nasce dal nulla, ma è l’attuazione di una specifica previsione costituzionale a seguito di legge di modifica costituzionale avvenuta il 18 Ottobre dell’anno 2001, cioè più di vent’anni orsono.

L’Articolo 2 fissa invece quale sia il “Procedimento di approvazione delle intese fra Stato e Regione”, specificando che “l’atto d’iniziativa relativo all’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, è deliberato dalla Regione, sentiti gli enti locali, secondo le modalità e le forme stabilite nell’ambito della propria autonomia statutaria. L’atto è trasmesso al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro delegato per gli affari regionali e le autonomie che, acquisita entro trenta giorni la valutazione del Ministro dell’economia e delle finanze, avvia il negoziato con la Regione richiedente ai fini dell’approvazione dell’intesa di cui al presente”. Al secondo comma prevede che “decorso tale termine, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro delegato per gli affari regionali e le autonomie avvia comunque il negoziato”. E’ chiaro qua l’intento di evitare che l’eventuale immobilismo politico del Ministro competente non pregiudichi il diritto della singola Regione di accedere al confronto. Nel medesimo articolo si specificano i dettagli della procedura in ordine ai tempi, le modalità, i pareri,

LArticolo 3 si occupa invece di un terma spinoso, quello che fa gridare allo scandalo, cioè i livelli essenziali delle prestazioni ed al primo comma prevede che “nelle materie di cui all’articolo 117, secondo comma, lettere n), norme generali sull’istruzione, ed s), tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, della Costituzione e nelle materie della tutela e sicurezza sul lavoro, dell’istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale, e della tutela della salute, di cui all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, il trasferimento delle funzioni e delle risorse corrispondenti ha luogo a seguito della determinazione dei relativi livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, salvo quanto previsto dal comma 3 del presente articolo”. Il medesimo articolo fissa le modalità di individuazione dei livellli essenziali delle prestazioni ed in mancanza di questo, sermpre al fine di evitare che le lungaggini della borocrazia e della poltica pregiudichino l’entrata in vigore della legge, prevede l’appliczione del crierio della spesa storica. Questo articolo sconfessa clamorosamente tutti gli immaginari pericoli paventati da coloro che gridano allo smantellamento dello stato sociale ed al venir meno del patto di solidarietà tra le diverse Regioni.

L’Articolo 4 specifica ” i principi relativi all’attribuzione delle risorse finanziarie, umane e strumentali corrispondenti alle funzioni oggetto di conferimento prevedendo la costituzione di una Commissione tecnica per l’individuazione dei fabbisogni standard, Anche questo articolo prevede esplicitamente che non vengano mai persi di vista i fabbisogni primari di tutte le regioni della Repubblica al fine di evitare che alcune di queste possano risultare svantaggiate dalla riforma dall’attuazione della riforma costituzionale.

L’Articolo 5 si occupa di ulteriore attribuzione di funzioni amministrative a enti locali e prevede la possibilità di applicazione di un principio di federalismo interno stabilendo che “le funzioni amministrative trasferite alla Regione in base all’intesa approvata con legge, possono a loro volta essere attribuite a Comuni, Province e Città metropolitane dalla medesima Regione, in conformità all’articolo 118 della Costituzione, contestualmente alle relative risorse. Questo articolo ha il merito di suggerire una sorta di federalismo interno alle Regioni con una redistribuzione dei poteri al proprio interno.

L’Articolo 6 si occupa di durata delle intese e successione di leggi nel tempo. del monitoraggio dell’applicazione della legge, sconfessando l’dea di un’applicazione incontrollata dei nuovi principi federalisti che rimane pur sempre di competenza del potere legislativo.

L’Articolo 7, riguarda invece le clausole finanziarie, atto dovuto per motivi di buona gestione finanziaria, prevedendo tra l’altro che “dall’’applicazione della legge e di ciascuna intesa non devono derivare maggiori oneri a carico della finanza pubblica” e che venga “garantita l’invarianza finanziaria, in relazione alle intese approvate con legge in attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, per le Regioni che non ne abbiano sottoscritte”. Questo articolo è un atto dovuto dagli obblighi in materia di bilancio ed è anche la sconfessione dell’idea che la riforma vada ad incidere sulle Regioni che non intendano reclamare nuovi poteri rispetto alle materie oggi lasciate al quasi completo controllo delllo Stato.


L’Articolo 8 si occupa di perequazione infrastrutturale sottolineando che “le intese concluse in attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, non pregiudicano la promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale, la rimozione degli squilibri economici e sociali e il perseguimento delle ulteriori finalità di cui all’articolo 119, quinto comma, della Costituzione”. Una previsione, dunque, che lascia invariato il principio di solidarietà del sistema economico italiano tra regioni più ricche e regioni meno sviluppate.

L’Articolo 9, infine, riguarda una disposizione finale che costituisce una sorta di anticipo, cioè di effetto retroattivo della legge, prevedendo che “le disposizioni della presente legge si applicano, in relazione al livello di avanzamento formalizzato, anche agli atti di iniziativa delle Regioni, presentati al Governo e concordati con il medesimo prima della data di entrata in vigore della presente legge”. Questo articolo trova la propria logica anche nel fatto che sono passati più di vent’anni dalla riforma della Costituzione, un grave ritardo, dunque, che va colmato in ogni modo.

Il provvedimento chiude con un allegato che riepiloga l’elenco “delle materie che possono essere che ai sensi dell’art. 116, terzo comma, Cost. possono essere oggetto di attribuzione a Regioni a statuto ordinario Art. 117, secondo comma,

Vediamo quali sono.

Art. 117, secondo comma, Cost.

lettera l)1 , limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace;
lettera n), norme generali sull’istruzione;

lettera s), tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.


Art. 117, terzo comma, Cost.

rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni;

commercio con l’estero;
tutela e sicurezza del lavoro;

istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della
istruzione e della formazione professionale;

professioni;

ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi;

tutela della salute;

alimentazione;

ordinamento sportivo;

protezione civile;

governo del territorio;

porti e aeroporti civili;

grandi reti di trasporto e di navigazione;

ordinamento della comunicazione;

produzione, trasporto e istribuzione nazionale dell’energia;

previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario;

valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali;
casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale;

enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.

Conclusioni sintetiche.

E’ in atto d parte dei nemici delle autonomie e del federalismo e del diritto all’autodeterminazione dei popoli, tra i quali sono orgoglioso di annoverare quello sardo, il tentativo di affossare l’attuazione di una riforma costutuzionale che può rapppresentare un passo impoortante se non decisivo verso un nuovo modello più partecipativo e più responsabile dei territori della Repubblica Italiana. Ormai d decenni non facciamo che lamentarci dello Stato e delle mancate risposte, dovute anche e sopratutto ad una lentezza strutturale di un apparato accentrato che non lascia alle Regioni la facoltà di decidere di se stesse, velocemente e più efficacemente e con un livello magggiore di responsabilità. E’ questa infatti la chiave di volta che consente ai cittadini una maggiore vicinanza alle istituzioni, ima maggiore partecipazione dovuta ad una più immediata vicinanza dei centri di potere dove vengono prese le decisioni,. L’autonomia differenzaiata inoltre si traduce in una tendenza all’efficienza della spesa per il semplice fatto che la facoltà di decidere la destinazione delle proprie risorse dello Stato le indirizza automaticamente in ua spesa più efficiente di quando invece è lo stato ad imporre spese in capitoli che spesso non rappresentano i veri bisogni e le vere priorità dei cittadini.

In sintesi l’autonomia differenziata è un passo utile, moderno, storico, che costituisce un altro mattone per quanti hanno a cuore l’idea di costruire una Sardegna che possa esercitare maggiormente il diritto all’autodeterminaazione.

Chi volesse consultare il testo originale della cosiddetta bozza Calderoli può cliccare qui. Invito quanti siano interessati al tema a consultare anche i miei precedenti articoli tra i quali la recensione di un lucido intervento dello studioso Adriano Bomboi.