L’ Autonomia differenziata? Si combatte con lo stato federale non con il neocentralismo statale, di Francesco Casula
Premessa di Gavino Guiso
Riporto di seguito ed integralmente l’intervento di Francesco Casula sui temi dell’autonomia differenziata e del federalismo. Il sardismo é una visione strategica di lungo periodo che si fonda sul concetto universale di autodeterminazione dei popoli e su questo i sardi debbono unirsi per riscatttare la Sardegna e sottrarla alla sua attuale condizione di perificità. Il sardismo peraltro é un movimento di idee di oltre un secolo fa che é passato attraverso molti interpreti, da Lussu a Bellieni, da Simon Mossa a Mario Melis, un movimento che continua a dimostrare una vitalità straordinaria e che ha in Francesco Casula un interprete di grande spessore, ma sicuramente con accenti e sensibilità differenti da altri suoi storici compagni di viaggio come ad esempio Mario Carboni. Queste differenze, queste diverse sensibilità, frutto di percorsi ed esperienze personali peculiari, in passato hanno talvolta spinto il movimento sardista verso una sostanziale disgregazione finendo per costituire un freno alla sua affermazione. Oggi più che mai considero invece fondamentale valutare queste differenze come una incommensurabile ricchezza del sardismo, evidentemente capace di generare nel territorio sardo un dibattito politico pluralista, a conferma del fatto che la Sardegna, come la lingua sarda, la letteratura, la società e quindi anche la politica tutta, costituiscono un universo che pulsa di luce propria e che il federalismo sardista rappresenta oggi più che mai un progetto fuori dalle categorie destra/sinistra, che anzi divengono, semmai, la prova dell’esistenza al suo interno di una dinamica complessa e completa capace di rappresentare adeguatamente tutta la società sarda. La preziosa .lezione che ne traggo é dunque quella che i sardi hanno, oggi più che mai, il diritto ed il dovere di costruire un sistema politico sardista autonomo dalle dinamiche italiane, capace di esprimere nel contempo verso l’esterno quell’unità nazionale sarda che traduca in legge, con un nuovo patto federalista, un nuovo rapporto con la Repubblica Italiana, ma anche di sviluppare al proprio interno un sistema politico nasato sul pluralismo, sul confronto e, costruita la nazione sarda, sull’alternanza tra le diverse anime sardiste. Una nazione normale, insomma, un po’ alla catalana.
Gavino Guiso
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L’ Autonomia differenziata? Si combatte con lo stato federale non con il neocentralismo statale, di Francesco Casula
Fonte: https://truncare.myblog.it/2023/03/16/l-autonomia-differenziata-si-combatte-con-lo-stato-federale-non-con-il-neocentralismo-statale/?fbclid=IwAR1K1DfJw1gKzHz3cR0HYS5o6PxyZLjgs6gOrv-gbhV7kGw8MhepV59j0pw
Qualche decennio fa la Sinistra, sia pure timidamente, aveva fatto irruzione nei territori del federalismo e dintorni. Salvo ritrarsi subito. Ed oggi si ri-presenta con il suo volto abituale. unitarista e statoiatrico. L’occasione le è stata offerta dalla rivendicazione, da parte di due Regioni del Nord (Lombardia e Veneto), della cosiddetta “Autonomia differenziata”.
Sia ben chiaro la rivendicazione nordista è da combattere: non ha niente a che fare con il federalismo e l’autonomia: semplicemente vuole accaparrarsi ulteriori poteri e risorse finanziarie statali a detrimento del Meridione e della Sardegna. Ma si respinge la pretesa nordista attaccando e non stando in difesa o, peggio evocando un unitarismo e neocentralismo antistorico e suicida.
Occorre infatti capire e conoscere, che al di là dell’ormai vuota e becera retorica sulle “magnifiche sorti e progressive” del cosiddetto Risorgimento, quel processo lungi dal realizzare “l’Unità”, ha creato due Italie: una ricca e una povera, una sviluppata e l’altra sottosviluppata: non a caso un intellettuale meridionalista come il calabrese Nicola Zitara, ha intitolato un suo saggio storico: ”Unità d’Italia: nascita di una colonia”.
Con immani disuguaglianze territoriali e divari, tutt’ora presenti e che anzi, nel tempo continuano ad aumentare, amplificando la forbice e il differenziale, non solo nello sviluppo economico (PIL) me nella cultura, nell’istruzione, nell’innovazione.
Ebbene, a fronte ci ciò e della rivendicazione di “Autonomia differenziata” da parte delle due regioni del Nord occorre rispondere non in difesa dello status quo o, evocando e rifacendosi alla Costituzione della Repubblica “una e indivisibile”. E in Sardegna a un rachitico e impotente “Regionalismo” e “Autonomismo”: merce ormai inservibile e scaduta da decenni.
Occorre andare in attacco, come Sardi intendo, rivendicando un nuovo Statuto speciale: quello attuale, da tempo oramai è fallito.
Nato nel lontano 1948, già depotenziato, debole e limitato – più simile a un gatto che a un leone, secondo la colorita espressione di Lussu – lo Statuto sardo in questi circa 75 anni di storia si è rivelato, sostanzialmente, un fallimento. Molte le cause. Ad iniziare da quella che lo storico Francesco Cesare Casula individua con nettezza scrivendo: “Nello Statuto sardo non c’è nessun preambolo che supporti le ragioni dell’essere, nessuna coscienza storica che giustifichi il perché dovremmo essere trattati diversamente dalle altre 19 regioni italiane. Esso apre con un desolante titolo l: «La Sardegna con le sue isole è costituita in regione autonoma fornita di personalità giuridica entro l’unità politica della Repubblica italiana, una e indivisibile, sulla base dei principi del¬la Costituzione e secondo il presente statuto … » “.
In altre parole, secondo il nostro storico medievista “Lo Statuto sardo, difetta di un preambolo giustificativo nella contrattazione col governo centrale, ben presente nello Statuto catalano, che fonda la sua contrattazione sulla peculiarità nazionale promanante dall’ antico Principato di Catalogna. Ed è quanto purtroppo manca da noi. sebbene abbiamo più ragioni dei Catalani di rifarci alla storia per una rivendicazione autonomistica non solo speciale ma particolare”.
Ma se puranco i legislatori della Costituente e i padri della nostra Autonomia non avessero voluto tener conto di tutto ciò, almeno avrebbero dovuto partire, nella formu-lazione dello Statuto, da un dato difficilmente contestabile: essere la Sardegna una nazione, avendo una sua peculiare e specifica identità etno-storica-culturale-linguistica. In realtà i Costituenti che dotano la Sardegna di uno “Statuto speciale” questo lo sanno e lo riconoscono. Perché altrimenti uno Statuto speciale all’Isola? Per motivi econo¬mici? Ovvero per la povertà, l’arretratezza e il sottosviluppo? E come spiegare allora che non verrà concesso uno Statuto speciale a molte regioni italiane sicuramente allora più povere, arretrate e sottosviluppate? Come la Lucania o l’Abruzzo?
Il motivo economico – peraltro ben documentato dall’ articolo 13, che è la cartina di tornasole della scelta politica: “Lo Stato italiano col concorso della Regione, dispone un piano organico per favorire la Rinascita economica e sociale dell’Isola” è la foglia di fico per nascondere i veri motivi – storici-culturali-linguistici – che se riconosciuti formalmente, avrebbero dato vita a ben altro Statuto, a ben altri poteri della Regione, ad iniziare pro¬prio dal versante culturale-linguistico, che non a caso sono del tutto assenti.
Occorre inoltre aggiungere che in questi 75 anni ha subito un processo di progressi¬vo svuotamento e di compressione sia dall’esterno, cioè da parte dello Stato centrale, sia dall’ interno, ovvero da parte delle forze politiche dirigenti sarde, che non sanno usare e, spesso, non vogliono utilizzare, gli stessi strumenti, possibilità e spazi che l’autonomia regionale offriva.
Basti pensare a questo proposito alla vicenda delle norme di attuazione, che avrebbero dovuto riempire di contenuti le astratte previsioni statutarie, stabilendo quali dovevano essere i poteri reali della Regione nelle materie attribuite alla sua competenza. Queste norme o vengono emanate tardi, o non vengono emanate per niente, o vengono emanate in modo ecce¬zionalmente riduttivo. E comunque non vengono quasi mai poste in essere. Ciò per con¬statare come le forze politiche sarde abbiano svilito la stessa limitata autonomia. statutariamente riconosciuta.
Non solo. Nato come Statuto speciale, oggi risulta dotato di meno poteri delle regioni a Statuto ordinario costituite nel ’70, e di fatto, rappresenta oramai un ostacolo alla realizzazione di una vera Autonomia, o peggio: serve solo come copertura alla gestione centralistica della Regione da parte dello Stato, di cui non ha scalfito per niente il centralismo. Paradossalmente lo ha perfino favorito, consentendo ai Sardi solo il succursalismo e l’amministrazione della propria dipendenza.
La Regione sarda di fatto, in questi 75 anni di storia, ha operato come mera struttura di decentramento e di articolazione burocratica dello Stato e come centro di raccordo e di mediazione fra gli interessi dei gruppi di potere locali e la rapina neocolonialista, soprattutto del Nord: esemplare in questo è la vicenda della industrializzazione petrol¬chimica.
Da tempo perciò possiamo ormai considerare consumato il suo fallimento storico contestuale a quello della cosiddetta Rinascita: ma fino ad oggi sono falliti miseramente anche i tentativi di un suo rilancio, rianimazione e rimpolmamento, prima attraverso la cosiddetta politica contestativa e rivendicazionistica della Regione nei confronti dello Stato degli anni ’70 e, più recentemente, nei decenni scorsi, attraverso una Commissione nominata ad hoc dal Consiglio Regionale.
Oggi è giunto il momento di imboccare decisamente la strada del rifacimento dello Statuto Sardo, una nuova Carta de Logu, come vera e propria Carta Costituzionale di Sovranità per la Sardegna, che ricontratti su basi federaliste il rapporto Sardegna-Stato Italiano, Sardegbna-Europa e che, partendo dal¬l’identità etno-nazionale dei Sardi, ne sancisca il diritto a realizzare l’autogoverno, l’autodecisione, l’autogestione economica e sociale delle proprie risorse e del territorio, il diritto a usare e valorizzare la propria lingua e cultura, a gestire la scuola, i trasporti, il credito, le finanze e l’ordine pubblico. Il potere infine, in settori fondamentali quali la difesa e i rapporti internazionali, di esprimere parere vincolante in merito a tutte le iniziative che tocchino gli interessi vitali della Sardegna.
Se non si fa questo, si abbaia alla luna: e mentre il Nord, con la sua “Autonomia differenziata” correrà, noi continueremo a stare fermi. Anzi:a andare dietro. Beati e beoti con la nostra “Insularità” in Costituzione. Ovvero con il nulla.
Francesco Casula