Il ciondolo sardo di Allai ed il Dio Padre Shardan, di Gigi Sanna

QUANTE BELLE COSE CI HA FATTO SAPERE IL CIONDOLO DI ALLAI! EPPURE DELLA PIU’ BELLA NON ABBIAMO ANCORA DETTO.

Articolo di Lugi Amedeo Sanna noto Gigi

Cosa differenzia il nostro dipartimento ‘improprio’ da quello che legittimamente dovrebbe essere ‘proprio’? Quello di una certa accademia? E’ presto detto. Noi usiamo la documentazione gli ‘altri’no. Noi crediamo che la ricerca scientifica, soprattutto se investe un campo come la storia (quello della ‘disciplina storica’), non vada fatta per elucubrazioni o per semplici indizi: va fatta servendosi scrupolosamente, se ci sono, delle fonti dirette. Quelle che nel precedente post abbiamo chiamato diamanti. Altri quella lucentezza paradigmatica la ignorano, la detestano, la disprezzano. Noi no. Proprio per niente. Ce ne vantiamo, la facciamo vedere, la mettiamo nel dito, in bella vista, la contempliamo e la ammiriamo ogni giorno, ce la coccoliamo consapevoli che ci fornirà luci sempre segrete e sempre maggiori. Quante belle cose ci ha fatto conoscere il ciondolone (pedra ‘e frumene) di Allai! Che in Allai, in Pranu Antas, c’era un ‘servo’ del dio padre Shardan; che il dio padre shardan era ‘toro della luce’; che la scrittura adoperata era quella di un codice linguistico orientale mediterraneo e che i significanti fonetici appartenevano ad un codice alfabetico; che detto codice alfabetico si distingueva per l’uso della scrittura ideografica e numerologica oltre che di quella acrofonica (system su base ‘inizio della parola’). Ci ha fatto sapere ovviamente, anche se in via approssimativa (la perizia non si può fare per la scrittura su supporto lapideo), l’età del manufatto grazie alla forma specifica delle lettere di tipologia simile a quelle della stele di Nora o, se si vuole, della pietra di San Nicola di Uta ( VIII -VII secolo a.C.). Ma il dato di acquisizione il più importante, secondo noi, è questo: che abbiamo un documento scritto in prima persona, di un tale che parla di se stesso. E quale messaggio ci trasmette? Lo sappiamo. ‘ Io sono il servo del toro della luce padre signore giudice (shrdn)’. Pensateci bene: vi sembra roba da poco? Questa persona anonima, dicendo che è un servo del Dio, dice anche che è lui che ha inciso i segni in quella pietra e cioè che è uno che sa scrivere (ed in un certo modo, anche criptato). Ci informa insomma che è uno scriba, che è uno scriba sardo che adopera il modus scribendi in mix, quello praticamente diffuso in tutti i luoghi (i templi) della Sardegna. Ora, per chi non lo sapesse Pranu (piano, pianura) Antas (il tempio a colonne, come quello omonimo di Antas di Fluminimaggiore) era il luogo di un enorme tempio santo (con ogni probabilità tempio del dio YHW (il dio shradan o signore giudice citato nel ciondolo) oggi scomparso perchè è servito, purtroppo, come materiale da costruzione per decine e decine, se non centinaia, di abitazioni dell’attuale cittadina di Allai (E ciò soprattutto nell’Ottocento e agli inizi del Novecento). Tanto che oggi a buon diritto si potrebbe dire che Allai, in virtù delle ‘membra sparse’ dell’edificio sacro antico, è, in fondo, una città nuragica ‘santa’ shrdn. ‘Ancora’ appartenente in qualche modo all’antico dio. giudice supremo. Naturalmente ci attendiamo, quanto all’asserzione della esistenza degli scribi ad Antas di Allai, l’obbiezione che fossero scribi fenici in trasferta i quali ,alla vista di quei zoticoni di ‘servi sacerdoti’ pelliti sardi orrendamente illetterati, li abbiano aiutati al ‘come si fa per dichiarare ‘for ever’, la propria identità’. All’uso di una patente insomma. Caspita! E come non prestar fede a tanta intelligenza? Anzi, approviamo del tutto dicendo che forse gli strani cinque segni obliqui (sotto la voce ‘abd’a) sono il prodotto delle aste incerte, dei primi rudimenti dell’insegnamento della scrittura da parte dei maestri ‘fenici’ (anzi, dei ‘professori’ fenici).

Prof. Gigi Sanna

In foto Il ciondolo lapideo con la scritta ‘abd’a (servo. servo sacerdote).