SA BATALLA NOSTA DEPIT ESSI PURU SA DE SA SCRITTURA DE IS JAIUS NOSTUS, di Gigi Sanna
SA BATALLA NOSTA DEPIT ESSI PURU SA DE SA SCRITTURA DE IS JAIUS NOSTUS
(La nostra battaglia non può e deve essere solo quella della ‘Limba’ della Sardegna antica. Deve essere anche quella della scrittura dei nostri avi)
Riflessioni del prof. Luigi Amedeo Sanna
Noto che, ancora oggi, si conduce in Sardegna la battaglia, più o meno intensa, più o meno consapevole, più o meno culturalmente e politicamente organizzata ed adeguata. La lotta per il riconoscimento e la tutela linguistica del sardo ha ormai radici lontane, secolari. Anche nei social di oggi singole persone, gruppi, associazioni e movimenti si danno da fare per far capire ai Sardi che l’identità loro passa dal dato dell’aspetto linguistico oltre che dal territorio e dal paesaggio. La stessa scuola obbligatoria qualcosa la fa e certi insegnanti sentono il dovere morale, dietro la spinta scientifica del ‘sardo lingua della comunità mondiale’, di non far morire un nostro vanto indiscutibile e indiscusso, una nostra eccellenza culturale che ci rende unici e, storicamente parlando, pur sempre protagonisti. Il nostro grandissimo codice di leggi è scritto in sardo, non in punico, non in latino, non in greco bizantino, non in catalano, non in spagnolo, non in italiano. La Carta de Logu è, sempre e comunque, nel nostro cuore; non il Codice penale e civile della monarchia prima e poi della Repubblica italiana. Di quello che si fa politicamente e ‘per partes’ preferiamo non parlarne tanto fa scandalo. Sentir concionare un Presidente governatore della Sardegna in lingua sarda nell’occorrenza delle dichiarazioni programmatiche sa di puro folklore se all’atto altamente simbolico e culturale non seguono parole e manifestazioni orali e scritte che lo fortifichino. Diciamo però che qualcosina per salvare faccia (e voti, ciò che più conta) ‘ancora’ si fa. Ma è tutto debole, incerto, scollegato, pasticciato. Eppure in questi ultimi anni, amici miei, ci sentiamo di affermare che la suddetta ‘eccellenza’ culturale e storica della lingua raddoppia, perlomeno, il suo valore. Ad essa si aggiunge quello grafico linguistico, quello alfabetico, quello documentario per segni. Segni nobilissimi che non usiamo più ma che furono usati per ‘religio’ per millecinquecento anni (e forse più) in ogni luogo della Sardegna. Quei segni o suoni parlano, si strutturano per frasi più o meno lunghe, raccontano di re semidei, ‘giganti’, giudici in terra e padri potentissimi. Raccontano nel bronzo, nella ceramica, nella pietra, così come raccontavano più abbondantemente nelle pelli o nel sughero, di un dio unico dal nome yhw di origini semitiche cananaiche, di una divinità che era praticamente ‘mondiale mediterranea’ non essendo ascrivibile al solo Oriente antico. Raccontano, incredibile a dirsi, di re santi (‘figli del cuore’ di Yhw), dal nome Yago, Gayn, Yaziz, Zzy, ‘Alì, Lephisy, ecc. vissuti tra il XII e il VII secolo a.C. Raccontano del loro essere SHRDN ovvero Signori Giudici, quei Signori Giudici di cui danno notizie per secoli e secoli le fonti ugaritche ed egiziane. Insomma raccontano di storia quando la storia per documenti in Occidente, come sappiamo, ci sarebbe stata solo mezzo millennio dopo. Ora come non considerare e capire che lingua antica e scrittura antica devono andare di pari passo nella lotta per l’identità? Come non capire che oggi un insegnante si deve attrezzare di repertori per spiegare che una espressione come ‘bidente di Lui padre del santo dodici ‘, contenuta nell’ormai famoso ‘brassard’ di is locci Santus di San Giovanni Suergiu, era scritta con l’alfabeto fonetico sardo di ispirazione protocananaica e che quel ‘ dodici santo’ altro non è che ‘ su santu doxi’ della lingua sarda scritto in sardo arcaico con il ‘cerchio luminoso attorniato dai ‘sette’ raggi? Come non capire che, dopo una scoperta di 350 documenti in alfabeto sardo antico, il parlare solo di lingua sarda è condurre una decisiva battaglia campale senza il dispiegamento di metà delle forze?
In all. Il brassard di Is Locci Santus con i segni trascritti dall’archeologo S. Atzeni. Scrittura antica con il sardo antico.
Gigi Sanna