Chi ha paura della storia della Sardegna? Di Gigi Sanna
HANNO PAURA.
Hanno paura. Questa è la verità. Una paura che ‘politicamente’ si era scoperta, direi per caso, nella risposta che la direttrice dell’Istituto di Preistoria e protostoria italiana di Firenze aveva dato al giornalista Sergio Frau sulla gestione difficile e i pericoli dell’archeologia se non tenuta sotto controllo. Quell’Istituto che, con ogni probabilità, aveva impartito la linea di condotta da tenere nel caso si fossero verificate scoperte sensazionali in Sardegna. Una linea che, per chi stava attento agli articoli che alcuni anni fa uscivano in certi periodici e in certi blog, veniva continuamente alimentata soprattutto da certi ambienti universitari di antropologia che accusavano di ‘mitopoiesi’ e di ‘invenzione’ tutto quello che poteva essere attinente alle eccellenze di civiltà come ad es. l’egemonia in mare (la navigazione a vasto raggio), i prodotti architettonici, artistici e religiosi, la scrittura stessa. Già la scoperta dei Cosiddetti ‘Giganti di Monte ‘e Prama’ era più che sufficiente a far capire che la Sardegna non era e non poteva essere quella singolare ma modesta descritta dal Lilliu. La statuaria a tutto tondo era più di un indizio che nell’isola c’era un di più di ‘grandezza’, un livello ‘a parte’ nel Mediterraneo circa quella che gli storici chiamano ‘civiltà’, una ‘storia’ per mille motivi ignota perchè ignorata da storici che ancora (cinquecento e più anni dopo) sarebbero dovuti venire per parlare di quei popoli che noi oggi conosciamo molto bene. Una storia però ‘salvata’ qui e là dalle fonti dirette scritte, come ad es. quella sui sardi ‘shrdn’. Fonti dirette che però non ci sono solo in Egitto, in Libano e in Siria, perchè si trovano (e direi sempre più abbondanti) anche in Sardegna. Il ‘corpus inscriptionum nuragicarum’ trovato in Sardegna è tale da far invidia, epigraficamente parlando, ad altri ‘corpora’ che si basano su scritti, per altro quasi tutti di pochi o pochissimi segni, da contare a decine e non certo a centinaia. I sigilli minuscoli di Tzricotu di Cabras, una volta saldati sulle spalle di ‘certi’ Giganti, costituiscono le perle del Corpus. Parlano di re Sardi, dei loro genitori, del Dio di cui sono figli, delle loro prerogative. Ma parlano soprattutto di quel dio YHW (JACU) che il monte delle maledizioni palestinesi, ovvero il Monte Ebal, ci ha fatto conoscere scritto nella stessa identica maniera alfabetica (in protocananaico e protosinaitico) dei sigilli bronzei della collina di Monte ‘e Prama. Oggi i giornali sardi, italiani, europei e mondiali dovrebbero parlare di questo Dio sardo ‘nuragico’ e palestinese. Dovrebbero parlare di questa ‘eccellenza’ del tutto imprevedibile e che tende in qualche modo ad unire l’Oriente e l’Occidente mediterraneo. Non lo fanno perchè? Non si muovono perchè? Tacciono perchè? La mia risposta è che la cosa è così grossa che hanno paura. Una paura tremenda perchè tutto storicamente cambia e tutto deve essere rimesso in discussione, anche il certo considerato certissimo. E il rimettere in discussione la storia vuol dire rimettere ‘politicamente’ in discussione ciò che la politica ha ritenuto essere stato definito in via definitiva. Si pensi solo alla storia italiana delle origini che diventa solo sarda, storia di cinque secoli ‘prima’ dei miti dei re etrusco -romani. Si pensi al sofisticato monoteismo sardo rispetto al ‘grezzo’ politeismo romano. Guarda, guarda: come non aver paura della mitopoiesi diventata inopinatamente realtà scientifica!