L’auto castrazione culturale dei sardi
modéstia s.f. modestia, pudore, umiltà. Sa modestia fid una bella e cara virtude de s’antiga femina sarda la modestia era una bella e cara virtù dell’antica donna sarda
Leggendo il significato della parola modestia in un dizionario della lingua sarda mi sovviene il sospetto che da virtú essa sia divenuta proverbiale gabbia ed ostacolo alla crescita dei sardi i quali, per secolare tradizione, hanno sempre pensato ad essa come paradisgma sul quale fondare ogni scelta importante individuale o collettiva. Non si potrebbe spiegare altrimenti quella tendenza dei sardi alla disillusione, al realismo all’eccesso, all’idea dell’ineluttabilità del futuro, della perniciosità degli eventi, dell’avversità della sorte. Per i sardi la realtà é stata per secoli inversalmente proporzionata al sogno americano: le auto, il vestiario, le abitazioni, tutto doveva essere poco appariscente, contenuto, limitato, modesto, appunto. Mai farsi vedere, farsi notare, dare anche solo l’impressione di voler emergere. Di questo atteggiamento, di questa forma mentale, di questa visione fatta a morale ne sono stato a mio modo protagonista (poco) e spettatore (molto) e testimone diretto (sempre), ma ció che piú mi ferisce, come sardo, é che questo atteggiamento dei sardi ha finito per sacrificare la sardità ed il sardismo, quasi fosse un oeccatto di orgoglio e vanità parlare la nostra lingua o sciegliere di ascoltare la nostra musica e leggere le nostre poesie. Noi, da sempre modesti per scelta morale, abbiamo sempre ritenuto che dovessimo adeguarci “per rispetto e buona educazione”, alla culltura della Repubblica Italiana. É il motivo per cui abbiamo sempre scelto di esprimerci all’esterno nella lingua del colonizzatore di turno (spagnolo, piemontese o italiano che fosse) E abbiamo dimenticato di essere una fiera nazione con una storia antichissima e, aimeh, davvero poco modesta.
“Chi non possiede il concetto di Nazione sarda non ha rapporto con la tradizione e, perciò, non può costruire nulla su questo supporto fondamentale; non ha legame con la sua storia e quindi, non potrà mai capire il “linguaggio cifrato” che essa custodisce e che è la chiave del nostro futuro, il sentimento, il presentimento del prossimo cambiamento”. (Dalla relazione di Carlo Sanna Congresso Psd’Az di Carbonia 1984)
La verità é che non sono modesti bensì regali i fieri i Giganti di Mont’ ‘e Prama, cosî come sono ciclopici i Nuraghi, sontuose le Domus de Janas, sacre le tombe dei giganti, mirabili i pozzi sacri. Per tacere delle chiese romaniche, esempio straordinario di un’architettura sacra diffusa in tutta l’isola. Le millenarie maschere carnevalesche, le giostre equestri, la tradizione culinaria unica, l’ ambiente con una natura che tutti definiscono “un continente” sono altri elementi che cozzano con l’atteggiamento di modestia dei ssrdi.
Il ounto é che, per una modestia fatta a morale, siamo noi sardi i primi negatori ed avversari della nostra storia e della nostra identità e quinfi i primi distruttori della nostra nazione sarda. Anche la cultura ufficiale, quella con la C maiuscola delle Università e degli enti statali, come la sovraintendemza per intenderci, sconta questo atteggiamenti estremamente conservativo, finendo per frenare il processo di scoperta e riscrittura della storia sarda.
Per la sovraintendenza è difficile comunicare l’archeologia poiché “è rischioso divulgare ipotesi poco certe, capaci di creare falsi come nel caso delle pietre trasportate da Mago Merlino a Stonehenge”. Nel merito dell’osservazione. Il giornalista Giacobbo ha recentemente condiviso una personale soluzione, l’onestà: “Bisogna raccontare l’esistenza delle diverse ipotesi e trattare il prossimo come vorremmo essere trattati, ovvero con onestà. Dobbiamo, ancora, avere il coraggio di raccontare anche i ‘lavori in corso’, magari il turista tornerà negli anni per sapere cosa è successo in quel particolare sito. Secondo una ipotesi gli Shardana erano le guardie personali di Ramses II, secondo un’altra versione erano invece una sorta di ‘top gun’ noti per le loro capacità militari. Nella Cittadella dei Musei di Cagliari sono esposti alcuni scarabei egizi: non è provato che fossero le guardie del corpo del faraone ma perché non divulgare questa ipotesi? Per un rettore di una facoltà egizia essi erano le bodyguard del terzo faraone della XIX dinastia. Perché non possiamo avere il coraggio di condividere queste ipotesi?”.
A questo proposito il glottologo Salvatore Dedola afferma: “Un esempio per tutti può essere il Mostro di Loch Ness. Per quanto non esista, ha attirato per decenni i turisti per il solo motivo che – scientificamente – esso rimane pur sempre una possibilità inconfutabile. Quel “Mostro” evanescente e inafferrabile è stato giustamente “ingabbiato” e venduto proprio nella sua semplice possibilità scientifica. Ed il pacchetto turistico così confezionato è stato accolto, nonostante la tetra monotonia delle sponde del Loch Ness.
In Sardegna invece quel tanto sbandierato “mistero” rimane nudo come il Re delle “Mille e una Notte”. Gli operatori turistici non attireranno mai un bel niente sino a che non rivestiranno il proprio Re con abiti visibili. Ma a ben vedere la cancrena del “vuoto misterioso” non infetta soltanto il turismo, anzi ha molti compagni di viaggio.
La cultura in Sardegna pare veramente il regno dei morti, dove niente si muove, mentre lo sfondo, la prospettiva, viene occupata da surreali feticci con nomi spettrali, che appaiono proiettati come le ombre nella spelonca platonica. Quelle ombre, se vivessero, darebbero vera linfa, vera luce, vero nutrimento alla Sardegna. E attirerebbero tanto turismo culturale. Ma sono state ridotte a pura sagoma caliginosa, a mero oggetto inespressivo. Manco a dirlo, sto parlando delle più grandi opere culturali dell’isola, sto parlando dei Nuraghes, delle Domus de janas, delle Tombe di giganti, della Stele di Nora, della base colonnare di San Nicolò Gerrei, della brocca di Villagrande, dei Guerrieri di Monti Prama.
Esiste pertanto un problema di autocastrazione culturale dei sardi, troppo spesso cosî tanto preoccupati di non rispettare i diritti alrui da dimenticare totalmente i propri. E allora, cari compatrioti sadi, ogni tanto dovremmo davvero essere meno modesti e “tirarcela” un po’ da soli, perché senza amore, conoscenza e consapevolezza della nostra storia, non possiamo costruire una Sardegna (io spero federale) capace di autogovernare i propri modelli di sviluppo.