La lingua sarda cancellata dalla Repubblica Italiana e congelata dai sardi.
Prima furono i Saviia ad inviarci gli insegnanti piemontesi per imporci l’uso dell’italiano, poi fu la volta del cambio di denominazione di quasi tutti i paesi sardi, il cui nome originario é stato tradotto a tavolino in un italiano improbabile e non attinente alla nostra storia. Poi arrivó il tempo della Repubblica Italiana, che sta aspettando di concederci l’uso del sardo quando questo sarà oramai parlato da una risicata minoranza perchè non possa divenire strumento di consapevolezza e di passaggio generazionale della memoria.
Le culture, come la musica, crescono quando accettano di essere contaminate dall’esterno. Nel caso del sardo si assiste da una parte alla cancellazione totale da parte dello Stato e dall’altra alla sua archiviaziome nell’archeologia e nel.museo del linguaggio per responsabilità dei sardi. Il sardo rischia di diventare bello quanto il latino. Una impareggiabile lingua morta. Nell’uso del sardo l’errore si fa due volte: se ne impedisce l’uso pubblico e si difende nella sua indifendibile purezza. L’Italiano del 2022, per fare un esempio in concreto, non é né quello del 1980, né quello dannunziano o pirandelliano, ma nemmeno quello manzoniano o dantesco. Allo stesso modo la musica e la lingua sarde possono essere vive solo se se ne accetta l’uso corrente ed anche la loro contaminazione. Ai puristi della musica sarda ricordo che in tutto il mondo si distingue tra i classici ed i moderni. La musica napoletana non si é fermata a Caruso, né a Modugno. É andata avanti contaminandosi ed un suo famoso e riconosciuto esponente é stato il grande Pino Daniele, uno coraggioso che ha fuso la melodia napoletana con il pop, il rock, il blues ed il bossanova. Se vogliamo dunque valorizzare la nostra cultura e preservarla perchè diventi punto di forza e di sviluppo dobbiamo rivendicarne il diritto e l’orgoglio nell’utilizzo quotidiano pubblico e privato senza comnettere l’errore di fissarne per sempre forma e contenuti. Spazio alla creatività ed alla normale integrazione tra culture evitando che la nostra sia relegata ad esercizio didattico e di stile, senza che la lingua e la musica si limitino ad essere solo bellissima letteratura o bellissimo folklore, ma anche vita e vissuto quotidiano.