Montalbano: patrimonio Unesco per 31 siti dell’antica civiltà sarda
Dalla pagina web di Pierluigi Montalbano riportiamo con soddisfazione quanto segue:
Buone notizie che testimoniano un passaggio storico:
I Monumenti nuragici della Sardegna entrano nella Tentative List dell’UNESCO rappresentati da 31 siti. Ecco il documento e la lista.
La Tentative List Unesco dei monumenti sardi prosegue il suo cammino. È stata recepita dalla Commissione che si occupa dell’inserimento dei monumenti nell’elenco dei beni Patrimonio dell’Umanità. Si tratta di un passo importante che determina la prosecuzione del progetto.
Descrizione:
Tomba dei Giganti di Coddu Ecchju – Arzachena: 41°3’0.84″N; 9°21’21.04″E
Nuraghe Maiori – Tempio: 40°55’10.07″N; 9°5’48.44″E
Pozzo Tempio di Predio Canopoli – Perfugas: 40°49’43.23”N – 8°53’10.20”E
Nuraghe Palmavera – Alghero: 40°35’42.06″N – 8°14’34.06″E
Santuario di Romanzesu – Bitti: 40°31’48.78″N – 9°19’29.93″E
Nuraghe Santu Antine -Torralba: 40°29’11.61”N – 8°47’11.15”E
Nuraghe e villaggio di Appiu – Villanova Monteleone: 40°26’43.62”N – 8°25’11.80”E
Pozzo sacro di Su Tempiesu – Orune: 40°24’39.49”N – 9°24’46.28”E
Frazione di Serra Orrios – Dorgali: 40°20’02.32”N – 9°32’16.78”E
Nuraghe Orolo – Bortigali: 40°17’15.75″N – 8°48’48.14″E
Santuario di Sa Sedda ‘e Sos Carros – Oliena: 40°15’29.39”N – 9°29’07.75”E
Nuraghe Losa – Abbasanta: 40°07’00.78”N – 8°47’24.86”E
Tomba dei Giganti di Madau – Fonni: 40°07’14.54”N 9°19’54.57”E
Santuario di Santa Cristina – Paulilatino: 40°3’41”09 N 8°43’58.11”E
Santuario di S’Arcu ‘e is Forros – Villagrande Strisaili: 40°00’07.40”N – 9°24’01.61”E
Necropoli di Monte Prama – Cabras: 39°57’48.20”N – 8°27’10.92”E
Nuraghe Is Paras – Isili: 39°44′ 55.15” N – 9°06′ 28.49” E
Megaron di Domu de Orgia – Esterzili: 39°44′ 55.17”N – 9°19’38.32”E
Nuraghi Su Nuraxi e Casa Zapata di Barumini: 39°42′ 20.79”N – 8°59’50.68” E
Santuario di Santa Vittoria – Serri: 39°42’42.67’N – 9°06’8.97”E
Tomba dei Giganti di Sa Domu ‘e s’Orku – Siddi: 39°41’10.20″N – 8°52’15.97″E
Nuraghe Arrubiu – Orroli: 39°39’43.78”N – 9°17’51.63”E
Nuraghe Cuccurada – Mogoro: 39°37’0.61”N – 8°49’11.98”E
Nuraghe Genna Maria – Villanovaforru: 39°38’04.55”N – 8°51’16.07”E
Nuraghe Su Mulinu – Villanovafranca: 39°38’03.97”N – 8°59’38.66”E
Santuario di Sant’Anastasia – Sardara: 39°37’0.50”N – 8°49’11.27”E
Pozzo Tempio di Funtana Coberta – Ballao: 39°34’51.48”N – 9°21’10.88”E
Nuraghe Seruci – Gonnesa: 39°14’55.95”N – 8°25’28.70”E
Tomba dei Giganti di Is Concias – Quartucciu: 39°15’27.20” N – 9°21’35.02″E
Nuraghe Diana di Quartu Sant’Elena: 39°12’02.18”N – 9°19’32.03”E
Nuraghe Arresi – Sant’Anna Arresi: 39°0’23″N – 8°38’26″E
Molto è successo negli studi nuragici negli ultimi vent’anni, grazie a nuovi scavi e scoperte archeologiche e revisioni di precedenti registrazioni di scavi, che hanno fornito una cronologia più definita all’era nuragica. L’arco temporale è oggi definito tra il XVII secolo a.C. e il VI secolo a.C., suddiviso in due sottofasi di Bronzo Medio e Recente (XVII a.C. – 1150 a.C.) e Bronzo Finale – Prima Età del Ferro (1150 a.C.-500 a.C.) .
A partire dall’Età del Bronzo Finale si assiste ad un profondo mutamento sociale, legato all’emergere di gruppi egemoni dominanti ma in continuità con gli stili architettonici del periodo precedente; tali mutamenti sociali innovano le caratteristiche architettoniche e culturali in termini di contesti militari (antemurali), religiosi (santuari comunitari, pozzi e templi di Megaron), insediativi (villaggi con capanne di adunanza, piazze e vicoli lastricati), e funerari (inumazioni in strutture isodomiche senza esedra, e singole sepolture, alcune delle quali con statue colossali e modelli in pietra di nuraghi).
Il primo sito UNESCO sardo è Su Nuraxi di Barumini, iscritto dal 6 dicembre 1997, nella Lista del Patrimonio Mondiale.
Sulla scia di un rinnovato contesto storiografico, Su Nuraxi è ora inserito in un sistema ampliato di ulteriori 30 siti e monumenti di diverse classi tipologiche, scelti con cura per le loro caratteristiche rappresentative tipiche della civiltà nuragica espresso da oltre 12.000 pezzi di testimonianze originali e commemorative, composte da nuraghi, villaggi, templi monumentali e tombe che costellano il paesaggio isolano.
Il patrimonio culturale nuragico dell’età del bronzo (XVII/X secolo a.C.) e della prima età del ferro (X/VI secolo a.C.) è espressione di una continuità storica che ha visto le popolazioni locali costruire monumenti che “superano, per evidenza, per grandezza, per densità e per numero, le sopravvissute costruzioni preclassiche ed extraclassiche di qualsiasi altra regione del Mediterraneo occidentale e centrale, compresa la Grecia”.
Oggi, un secolo dopo l’organizzazione sistematica delle antichità preistoriche della Sardegna intrapresa da Taramelli, e dopo gli studi di Lilliu e Contu (1950-1990) è possibile apprezzare con ulteriore chiarezza e precisione tutti i seguenti aspetti:
la consistenza numerica e monumentale dell’architettura protostorica;
i loro rapporti con altre testimonianze culturali preistoriche e storiche, sia linguistiche che etnografiche, oltre che con gli insiemi naturali di straordinario pregio;
le caratteristiche economiche interne;
culti ed espressioni religiose;
La struttura politica e sociale della civiltà nuragica nel suo complesso.
Inoltre, viene a nuova luce la dimensione dello straordinario ruolo storico (commerciale, politico e militare) delle comunità sarde durante l’età del bronzo (XVII – X secolo a.C.), secoli in cui la civiltà micenea, insieme al Nuovo Regno d’Egitto e il Regno di Hattusa fiorì, così come nei secoli successivi della prima età del ferro, durante i movimenti di epoca fenicia e greca verso il Mediterraneo occidentale. L’isola di Sardegna, importante snodo Mediterraneo, si colloca nel quadro principale delle rotte. Inizialmente (XVI – metà XIV) con maggiore intensità verso le regioni occidentali, e successivamente (XIV – X) verso il Vicino Oriente e, infine, tra il X e il VI secolo a.C. con tutto il mare principale.
Già lo Pseudo Aristotele e Diodoro Siculo avevano notato che l’isola era costellata da molti edifici massicci (megala kai pollà) chiamati daidaleia, nome derivato dal loro leggendario costruttore e costruiti con “l’antico stile dei Greci”, oltre al ” Tholoi rithmois perissois ”, costruito da Iolao dai tempi prima della guerra di Troia cantato da Omero.
Sulla base della cultura materiale e dei rapporti che l’isola intrattiene con le altre regioni nell’arco temporale compreso tra il 1700/1600 a.C e il 500 a.C, la civiltà protostorica si sviluppa in due macro fasi distinte:
La prima coincide con l’età di costruzione dei Nuraghi e delle tombe dei Giganti, sviluppandosi tra il Bronzo Medio (1600 a.C. al 1350 a.C.) e il Bronzo Recente (1350 a.C. al 1150 a.C.), quadro temporale in cui si trovano torri di diversa complessità insieme ad insediamenti di strutture prevalentemente circolari.
Si tratta di un fenomeno improvviso solo in apparenza, fortemente connesso con le conoscenze costruttive sviluppate dalle comunità preistoriche del Neolitico, dell’Eneolitico e del Bronzo Antico sulla costruzione di edifici funerari prevalentemente monumentali: dolmen, allées couvertes , tombe circolari con filari aggettanti, menhir e menhir antropomorfi, tutti espressione della caratterizzazione megalitica delle fasi preistoriche isolane. Queste costruzioni, insieme alla tradizione ipogea che rappresenta lo sfondo culturale su cui si plasmano gli aspetti culturali nuragici, sono espressione unica e originale di una straordinaria architettura preistorica.
Durante il Bronzo Medio, l’evoluzione architettonica dell’edificio in altezza porterà dalle volte interne piatte dei protonuraghi allo sviluppo, verso la fine del Bronzo Medio e del Bronzo Recente (XIV-XIII sec. a.C.), di più Nuraghi “classici”, con volta ogivale composta da una o più torri, divenendo strutture eccezionali ed uniche per complessità planimetrica e altezza.
La seconda fase comprende l’età del bronzo finale (dal 1150 al 950 a.C.) e la prima età del ferro (dal 950 al 500 a.C.)
Nuovi ritrovamenti hanno chiarito come il periodo di costruzione dei Nuraghi si arresti alla fine del Bronzo Recente (XIII sec. a.C. con nuove forme di organizzazione sociale.
Le testimonianze archeologiche più rappresentative dell’aspetto culturale, caratteristico dell’Età del Bronzo Finale e della prima Età del Ferro (XII-VI sec. aC) sono infatti gli insediamenti e gli edifici di culto.
La continuità culturale della Civiltà Nuragica tra l’Età del Bronzo e quella del Ferro è documentata sia dalla continuità dell’occupazione insediativa, dalle pratiche funerarie e di culto, sia dalla cultura materiale che ne testimonia la continuità nei contesti sociali, religiosi e funerari. Esempi che testimoniano l’uso delle aree sacre tra il XII e il VI secolo a.C sono il santuario di S’Arcu is Forros (Villanova Strisaili), Santa Vittoria (Serri), e il nuraghe Su Mulinu (Villanovafranca). In quest’ultimo sono ancora ben conservati gli ambienti sacri interni come gli altari, con oggetti votivi databili dal X secolo a.C. all’età romana imperiale.
Il progressivo indebolimento del significato del Nuraghe come fulcro della società riflette una reale trasformazione nella contemporanea affermazione, con forme nuove e consolidate, del sistema insediativo dei villaggi.
Gli insediamenti appartenenti a questa nuova fase sono composti, oltre che da capanne circolari, da ambienti di diversa conformazione accessibili attraverso un cortile centrale che li collega. In paese è ora presente anche una capanna circolare più grande con incassata una panca circolare in pietra detta “Capanna delle riunioni”. Al suo interno è frequente trovare modelli in pietra di nuraghi che testimoniano la glorificazione e il culto del nuraghe come ingegno di un antenato.
Nella nuova organizzazione territoriale che segue l’ascesa del borgo come ruolo primario, sembra assumere particolare rilievo la presenza di edifici di culto comunitario (pozzi, sorgenti e altri edifici rettangolari e circolari), costruiti sull’onda di una tradizione architettonica già consolidata che implicano l’uso della tholos .
È quindi in questo periodo (XII-VI secolo a.C.) che vengono costruiti specifici edifici di culto dedicati: sorgenti e pozzi sacri, templi di Megaron, strutture circolari ecc., tutte strutture monumentali di notevole importanza architettonica testimoniata dalla particolare attenzione per il muratura e gli elementi decorativi scultorei e cromatici.
La ricca e articolata documentazione di edifici monumentali, costruiti con il solo scopo di culto e con caratteristiche architettoniche peculiari, è unica nella Protostoria italiana.
Intorno ai templi iniziano a svilupparsi borghi che sembrano temporanei o in stretta relazione con lo svolgimento delle celebrazioni comunitarie. Nell’ambito di queste trasformazioni, il nuovo assetto insediativo non esclude i Nuraghi, che appaiono invece perfettamente integrati e inseriti nei nuovi sistemi territoriali. Infatti, preferenzialmente, i grandi villaggi appartenenti a questa fase si sviluppano attorno ad un nuraghe pluritorre, come Su Nuraxi di Barumini, in cui è ben sintetizzato lo sviluppo di un insediamento in queste fasi.
Gli insediamenti non sono più costituiti da capanne circolari, ma anche da recinti multiambiente, a volte articolati attorno a un cortile centrale.
I Nuraghi, lungi dall’essere danneggiati o distrutti, vengono riadattati alle nuove esigenze, non più a scopo abitativo ma come luoghi di culto, come indicano i reperti legati a queste epoche, quali armi, viveri, manufatti di pregio e santuari sacri.
La nuova società mostra più evidenza di differenziazione di classe sociale rispetto alle persone che hanno costruito i Nuraghi. Seppur rinnovata e alterata rispetto al passato, la società nuragica sembra mantenere un continuum con il passato, affondando le sue radici nella memoria degli antenati e nelle grandi opere del passato: le torri nuragiche.
Prendono piede nuove pratiche funerarie, come le sepolture individuali (tombe a fossa) e le sepolture megalitiche a corridoio senza esedra, in linea con i mutamenti della società sarda. Si tratta di testimonianze di distinzione sociale, come il crescente uso di oggetti votivi costituiti spesso da beni di pregio o altri elementi distintivi legati allo status del defunto (armi e ornamenti). È comunque ampiamente documentato il riutilizzo di tombe megalitiche collettive, a testimonianza del legame ancora esistente con i luoghi e le tombe degli antenati.
Verso la fine del VI secolo a.C. la Sardegna passa sotto l’amministrazione dell’impero marittimo di Cartagine, segnando la fine della Protostoria sarda.
In Sardegna sono ben 12mila le strutture monumentali e architettoniche: oltre 800 sepolture megalitiche dette “Tombe dei Giganti”, talvolta evidenziate da betili e altri edifici funerari; oltre 7000 Nuraghi, circa 2500 borghi, caratterizzati da oltre 150 templi d’acqua e Megaron, oltre a grandi recinti circolari con sedili in pietra, strutture per la lavorazione dei metalli, capanne circolari e complessi abitativi con corte centrale, grandi portici per feste, edifici termali e anche piccoli anfiteatri.
Molte sono le varietà stilistiche e formali degli edifici protostorici sardi, numeri quasi incredibili per un territorio di 24090 kmq con un’unità ogni 2 kmq . La Sardegna è l’unica regione italiana dove si possono ancora trovare monumentali edifici in pietra di alta elevazione appartenenti ad epoche protostoriche con un buono stato di conservazione.
Nuraghi, tombe di giganti, sorgenti sacre, pozzi sacri con templi, templi Megaron e villaggi rappresentano l’apice delle tecniche costruttive con pietre megalitiche nel Mediterraneo.
I 31 monumenti/siti monumentali nuragici, compresi nella lista sono stati selezionati per la loro significativa rappresentazione considerando le seguenti caratteristiche:
classe tipologica;
varietà stilistica e formale rispetto alla tipologia;
accessibilità e gestione;
contesto territoriale.
Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, la notevole concentrazione di siti nella regione delle Bargagie e nella regione agricola della Marmilla è dovuta al fatto che queste due aree sono state largamente interessate da ricerche archeologiche e iniziative per la fruizione dei monumenti. Le Barbagie e la Marmilla, inoltre, sono anche esempi eccezionali per i loro valori naturalistici, linguistici, etnografici e antropologici.
nuraghi
I nuraghi si differenziano dagli altri edifici prima per la loro elevazione, costituita almeno da due piani. Le più semplici si presentano come torri isolate (torre singola), mentre le più complesse mostrano massicce fortificazioni residenziali, assimilabili a “castelli”, articolate e di diverse dimensioni.
Sono note due tipologie fondamentali di Nuraghi, simili per quanto riguarda la tecnica costruttiva dei filari di pietre ciclopiche, ma differenti nella forma e nelle soluzioni adottate sugli spazi interni: il Nuraghe arcaico o protonuraghe tra il 1700 a.C. e il 1350 a.C., il Nuraghe classico a tholos ogivale tra il 1350 a.C. e il 1100 a.C.
Proto-Nuraghi
Si conoscono un migliaio di nuraghi arcaici. Questi proto nuraghi hanno pianta sub circolare o ellittica e, nel caso dei nuraghi a corridoio, mancano di veri e propri vani a livello del suolo. Hanno invece un corridoio che attraversa, coperto da lastre piane, da cui si accede a un piano superiore tramite scale.
In una fase secondaria si sono sviluppate progressivamente verso un filare di murature a taglio regolare insieme al tentativo di ampliare lo spazio abitativo interno (nuraghi transitori o con camera a barca); gli ambienti sono presenti su due livelli, come nel Nuraghe Cuccurada di Mogoro (23), protonuraghe poi ricostruito come nuraghe pluritorre.
I protonuraghi più complessi hanno la pianta di un bastione bitorre o tritorre con cortile centrale, con ambienti ellittici più ampi, ora voltati ogivali (Cugui di Arbus, Sa Fogaia di Siddi). Alcuni degli edifici di questa classe tipologica mostrano un muro esterno di massi, che conferisce l’aspetto di massicce fortezze. Spicca la muratura strutturale a profilo concavo-convesso del proto nuraghe Su Mulinu di Villanovafranca (25) a tre torri, restaurato in due diverse fasi dell’età del bronzo recente e che nella prima età del ferro divenne luogo di culto in seguito visitato fino al medioevo.
Un altro edificio che testimonia come una pietra miliare nell’evoluzione architettonica dei primi edifici nuragici dal Bronzo Medio al Bronzo Recente, attraverso la fusione di ambienti di forma ogivale irregolare con un primo piano a volta alta e una camera a cupola al livello superiore, è il Nuraghe Majori di Tempio Pausania (2), inserito in una suggestiva cornice naturale.
Nuraghi con volta ogivale
Alla fine del Bronzo Medio (1350 a.C. circa), i Nuraghi mutano profondamente la loro struttura. Durante uno straordinario fenomeno di costruzione, oltre 7000 dei cosiddetti Nuraghi classici o a cupola vengono costruiti. Sono caratterizzati da alte torri di pianta circolare e forma conica, con camere circolari disposte anche su due o tre livelli, realizzati con il progressivo aggetto dei filari di pietra verso l’alto, formando la volta ogivale. Il nuraghe classico può avere un’unica torre oppure essere composto da 2 a 5 torri, collegate da cortine murarie adiacenti o attorno alla torre centrale che si eleva più in alto di quelle laterali. Le torri laterali, con la relativa cortina, formano bastioni a due, tre, quattro o cinque torri. Sono migliaia i Nuraghi bitorri (Arresi di Sant’Anna Arresi (31) e tritorriti (Santu Antine di Torralba (6), Orolo di Bortigali (10), Diana di Quartu (30); oltre 50 nuraghi mostrano una bastione quadritorre (Nuraghe Appiu di Villanova Monteleone (7), Genna Maria di Villanovaforru (24) e Su Nuraxi e Casa Zapata di Barumini (19)), ubicati prevalentemente sugli altipiani agricoli delle zone centro-meridionali dell’isola. Meno sono i Nuraghi a cinque torri, tra i quali spicca il Nuraghe Arrubiu di Orroli (22).
Nell’imponente bastione tritorre del Nuraghe Santu Antine di Torralba (6), le torri perimetrali sono collegate da cortine di alti e armoniosi corridoi coperti, disposti su due livelli. La torre centrale, ancora oggi alta oltre 12-14 metri (ad esempio presso i Nuraghi di Santu Antine di Torralba (6), Su Nuraxi di Barumini (19) e Arrubiu di Orroli (22), un tempo si trovava vicina o addirittura superata stessi casi da 23 a 25 metri di altezza, mentre le torri laterali potevano raggiungere i 18. La torre centrale presenta talvolta tre camere sovrapposte, con copertura a finte volte, collegate da un ardito vano scala murale a chiocciola (Santu Antine di Torralba (6) e Su Nuraxi di Barumini (19)) Nel primo livello, l’armoniosa tholoidelle camere sono alte non meno di 7 metri, e talvolta possono raggiungere i 12 metri (Is Paras di Isili (17); Arrubiu di Orroli (22)).
I Nuraghi complessi più imponenti, una trentina di numero, mostrano oltre al bastione un antemurale esterno pluritorreto, composto da 5-10 torri ad una sola camera, collegate tra loro da cortine lineari, originariamente variabili tra gli 8 e i 12 metri in altezza. Oltre ai già citati Arrubiu di Orroli (22), Su Mulinu di Villanovafranca (25), Is Paras di Isili (17) e Su Nuraxi di Barumini (19), tra il castello di pesante antemurale pluritorreto abbiamo: Palmavera di Alghero (4), Losa di Abbasanta (12), Genna Maria di Villanovaforru (24), Serucci di Gonnesa (28), tutte con annessi villaggi di capanne in pietra.
Durante l’ultima età del bronzo e l’inizio della prima età del ferro, diversi nuraghi (Su Mulinu di Villanovafranca (25); Nurdole di Orani) divennero templi: qui è venerata, oltre alla divinità femminile lunare alla quale scesero un gran numero di olio si offrono lampade, l’immagine scultorea conica del nuraghe turrito, identificato forse con il simbolo dell’antenato Norax (Nuraghe) citato da Pausania.
Borghi e templi
Non meno importante è l’architettura dei villaggi nuragici, spesso molto ben conservata, decisamente originale nella pianta e nelle molteplici tecniche costruttive, parti in alzato e materiali adottati. Nel corso delle indagini effettuate su campioni rappresentativi di territori, è stato calcolato che, tra il 1300 a.C. e il 1100 a.C. circa, vi erano circa 2500 – 3000 villaggi.
Nei villaggi dell’inizio del Bronzo Medio (XVII- XV secolo a.C.) compaiono dapprima capanne rettangolari e quadrangolari con lati corti e arrotondati (ad esempio nel sito di Sa Turricola di Muros) seguite in seguito da forme ellittiche come quelli del nuraghe Talei di Sorgono e del nuraghe Asua di Isili. Successivamente, verso la fine del Bronzo Medio e del Bronzo Recente (seconda metà del XV secolo – XIII secolo a.C.), le capanne hanno pianta circolare, come quelle di Serra Orrios a Dorgali (9), che mostrano ancora un basamento in pietra , mentre per i tetti si dovrebbe pensare ad una struttura lignea conica con motivi radiali di pali e paglia, idealmente simili nella moda alle pinnettas, capanne di tradizione pastorale sarda.
Nelle fasi successive dell’età del bronzo finale e della prima età del ferro, i villaggi tendono ad assomigliare a una maggiore complessità urbana, con abitazioni di alto rango, formate da più stanze che racchiudono un cortile centrale con spazi multifunzionali. A volte uno spazio termale circolare, eccezionale per l’epoca e notevole per le soluzioni architettoniche, è composto da panchine circostanti, condutture di erogazione dell’acqua tramite beccucci zoomorfe, una grande vasca a forma di coppa, un forno per scaldare l’acqua e un bagno per mescolarla ( Sedda Sos Carros di Oliena (11)).
Durante la prima età del ferro alcuni borghi, in particolare nella valle del Campidano meridionale, assumono dimensioni notevoli in relazione alla complessità urbanistica e strutturale (Monastir, San Sperate, Villagreca, Furtei, Senorbì e Villanovafranca-Tuppedili). Questi siti potrebbero avere dimensioni superiori a 10 ettari.
Sono presenti anche edifici pubblici, capanne circolari particolarmente grandi con sedili interni adibiti a riunioni consiliari anziane (es. S. Vittoria di Serri (20), Palmavera di Alghero (4)), ma anche ampi spazi con sedili in pietra (“anfiteatri”) in grado di ospitare centinaia di spettatori (es. Romanzesu di Bitti (5), S’Arcu e Forros di Villagrande Strisaili (15)). Nei villaggi, soprattutto su quelli con funzione sacra, iniziano a comparire templi a pozzo e templi primaverili, nonché templi “ Megaron” o “ in antis ”.
I templi ad acqua compaiono già alla fine del Bronzo Recente, come testimoniano le ceramiche di questo periodo legate ai templi a pozzo di Sant’Anastasia di Sardara (26) e Cuccuru Nuraxi di Settimo San Pietro, costruiti con muratura poligonale e Funtana Coberta di Ballao (27), costruito con belle pietre squadrate. Altri edifici sacri di acqua sorgiva risalgono all’età del bronzo finale e alla prima età del ferro. Le sofisticate architetture dei templi dell’acqua sono costituite da vestiboli con panchine laterali in pietra, una scalinata di pietre ben tagliate che si protende in profondità verso la sorgente d’acqua, racchiusa all’interno di una camera ipogea coperta da una Tholos a sezione ogivale .
Rocce di origine vulcanica, tra tutte basalto e trachite, furono utilizzate per costruire le strutture isodomiche di pozzi sacri, come Santa Cristina di Paulilatino (14). Venivano utilizzati anche nelle zone interne della Barbagia e dell’Ogliastra dove sono assenti rocce di queste caratteristiche. I conci sono perfettamente lavorati a T e a cuneo, preparati per la posa con una tecnica ad incastro alternato che li ha mantenuti in perfetta aderenza con bacchette e getti di piombo provenienti dai grandi giacimenti sardi di galena. Nel raffinato tempio del Predio Canopoli di Perfugas (3) sono bugnati dei conci, di pietra di colore chiarissimo.
Attorno a templi e santuari gli enormi profitti economici erano legati al controllo della ricchezza che si accumulava in questi luoghi di culto attraverso donazioni ex voto e altre offerte dei pellegrini. Tra le offerte, oltre ai Bronzetti antropomorfi , di grande importanza erano le armi votive, a volte ancorate in cataste nell’acroterio, in cima al tetto del vestibolo, e negli altari e nei basamenti, come in quelli di Abini di Teti, Santa Vittoria di Serri (20), Su Tempiesu di Orune (8) e Puntanarcu di Sedilo.
L’ampia mezzaluna scolpita in un grande altare, coronato di spade e adibito a sacello nella fortezza di Su Mulinu di Villanovafranca (25), indica che, a partire dalla prima età del ferro, era praticato il culto del culto della luna, mentre altri sculture zoomorfe di divinità a Santa Vittoria di Serri (20), Gremanu di Fonni, S’Arcu e is Forros di Villagrande Strisaili (15) e Sa Sedda’e sos Carros di Oliena (11), portano all’assunzione di culti eroici degli antenati .
Rispetto ai templi a pozzo e alle sorgenti sacre, i templi di Megaron sono presenti in numero esiguo e in luoghi montuosi o strategici, nei pressi dei villaggi sardi che si sono formati in prossimità delle principali vie di transumanza (è il caso della Domu de Orgia di Esterzili (18)) o in prossimità di fiumi e sorgenti come a Gremanu di Fonni, S’Arcu ‘e is Forros di Villagrande Strisaili (15), e Romanzesu di Bitti (5). A Villagrande Strisaili, all’interno del Megarontempli di Sa Carcaredda e S’Arcu ‘e is Forros (15), è facilmente riconoscibile l’altare a forma di torre nuragica, con il suo focolare rituale. Si tratta di un forte simbolo di etnia, registrato in altri luoghi di culto, nelle case popolari e nei monumenti funerari (Monte Prama). Altro elemento distintivo è la presenza di teste di cigno scolpite sia negli altari che in prossimità di grandi vasche terrazzate rettangolari o circolari: quelle si vedono a Romanzesu di Bitti (5), a Gremaru di Fonni, a Sa Sedd’e Sos Carros (11 ) e, in versione miniaturizzata al Monte Sant’Antonio di Siligo.
In alcune frazioni, come a Santa Vittoria di Serri (20), è presente un particolare edificio con atrio rettangolare e camera circolare a forma di torre.
Monumenti funerari
Durante l’età del bronzo i sardi prediligevano le tombe collettive monumentali. Le più famose sono le cosiddette “Tombe dei Giganti”, che raggiungono talvolta i 30 metri di lunghezza (è il caso di San Cosimo di Gonnosfanadiga e Li Lolghi di Arzachena) e superano i 4 metri di altezza (Coddu Ecchju di Arzachena (1)) . A volte possono costituire gruppi di quattro o cinque tombe, come a Is Lapideddas di Gonnosnò ea Madau di Fonni (13) e contengono centinaia di defunti. Presentano una facciata concava (esedra), costituita da lastre di pietra incastonate verticalmente o con muratura a corsie che delimitano un piazzale semicircolare aperto, e una camera funeraria interna a corridoio.
Le modalità costruttive appaiono in continuità con le tombe eneolitiche allée couverte , e con quelle delle più antiche lunghe ciste dolmeniche talvolta incluse nelle tombe di Giganti (Li Lolghi di Arzachena). I più antichi, coevi ai Nuraghi arcaici a corridoio, risalgono all’inizio del Bronzo Medio e sono costruiti con lastre verticali ricoperte da lastre orizzontali, secondo lo stile dei dolmen (Thomes di Dorgali, Coddu Ecchju di Arzachena (1)). Al centro dell’esedra era incastonata la stele monolitica, o talvolta in due pezzi, con la parte superiore arrotondata detta “Stele centinata”. Al centro della stele si apre un piccolo accesso al corridoio funerario. Nelle tombe più evolute, a muratura rigata, era presente alla sommità della facciata un blocco a tre cavità.
Più grandi sono le tombe successive, appartenenti ad una seconda fase del Bronzo Medio, costruite con muratura rigata, presentanti un corridoio-camera coperto da una volta conica ogivale, come quella di San Cosimo di Gonnosfanadiga e Domu ‘e s’Orcu di Siddi ( 21), che presentano materiali dissotterrati del XV-XIV secolo a.C. Altre tombe in muratura a corsie a corridoi ogivali (Perd’Accuzzai di Villa San Pietro, Is Concias di Quartucciu (29) e una del gruppo di Madau di Fonni (13)) , sono stati costruiti durante l’età del bronzo recente.
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