L’autonomia fiscale nella futura Sardegna Federale, di Antonello Carboni e Ermenegildo Lallai.
Premessa di Gavino Guiso
Nel portare avanti il progetto Sardegna Stato Federale, ci arrivano molti preziosi suggerimenti tra i quali non potevo non considerare questo fondamentale contributo di Antonello Carboni ed Ermenegildo Lallai, curatori della sezione fiscale del più ampio progetto di revisione dello Statuto speciale della Sardegna, pubblicato con il nome ufficiale di Carta de Logu noa pro sa Natzione sarda del quale era Segretario Generale lo stesso Antonello Carboni, un immane, bellissimo, completo e convincente lavoro di centinaia di persone, con un gruppo di lavoro coordinato operativamente da Mario Carboni, con un comitato scientifico guidato dal grande Gianfranco Pintore e del quale hanno fatto parte insigni e illustri studiosi, tra i quali mi sia consentito di citare il Prof. Cesare Casula, un lavoro di grande coraggio e caratura che per anni è finito inspiegabilmente nei cassetti e che oggi invece sta tornando al centro del dibattito dentro e fuori i partiti, con la speranza che questo stesso dibattito raggiunga presto i sardi e la Sardegna. Il motivo per cui ritengo fondamentale questo contributo è presto detto: non si può pensare ad alcuna vera riforma dello statuto in senso federale che non sia accompagnata da una profonda revisione del potere della Regione Sardegna sul piano fiscale. Di questioni fiscali si è sempre occupato e appassionato Pier Giorgio Pira che, alla luce di quanto riporto, invito a fare le sue personali osservazioni. Certamente un riconoscimento in Statuto di questa tanto agognata autonomia spingerebbe e costringerebbe la Regione Sardegna all’elaborazione di un piano fiscale operativo che gli consentirebbe finalmente di attuare quella politica fiscale idonea a colmare alcune carenze strutturali e attrarre investimenti esterni. Gavino Guiso
Il Federalismo fiscale, c) la questione sarda. (Tratto dalla proposta d una Carta de Logu noa pro sa Natzione sarda, Editore Condaghes – Anno 2009) – Comitato Firma per la tua Sardegna – Sezione a cura di Antonello Carboni ed Ermenegildo Lallai.
Tra i tanti aspetti controversi e non chiari contenuti nel vigente Statuto di autonomia che nei suoi ormai 60 anni di vita hanno dato luogo a dubbi e dibattiti a livello politico amministrativo e accademico senza dubbio il più sentito è quello sulla natura del regime finanziario attribuito alla Regione.
Nell’articolo 7 è detto che la regione ha una propria Finanza coordinata con quella dello Stato e in armonia con i principi della solidarietà nazionale. Tale articolo riconosce una vera e propria autonomia finanziaria della Regione anche se attenuata con l’obbligatorietà del Coordinamento della stessa con la finanza nazionale e con il principio di solidarietà.
E’ bene precisare che con l’espressione autonomia finanziaria si intende il potere di un determinato ente di regolamentare con propri atti autonomi il regime del reperimento delle risorse finanziarie necessarie per sostenere le spese. In parole molto semplici è il potere di imporre tributi ai cittadini stabilendone i destinatari in modalità e misure.
Di fatto una consolidata giurisprudenza della Corte Costituzionale ha sancito la sostanziale impossibilità della Regione Sardegna di dare attuazione al proprio diritto – riconosciutole come detto nelle norme costituzionale – ad esercitare una reale autonomia finanziaria.
Dalle sentenze della Corte si ricava infatti che il potere delle Regioni di disporre tributi propri e condizionata dalla necessità di un preliminare intervento legislativo dello Stato che garantisca la finanza statale e ancora che alle stesse regioni non compete alcun potere di intervenire sui tributi attribuiti integralmente o in partecipazione percentuale in quanto spetterebbe soltanto allo stato, titolare delle leggi istitutive, il potere di modificare i criteri attuativi,
Ci si chiede allora in cosa consista l’autonomia finanziaria riconosciuta alle regioni, anche tenuto conto che dovrebbe essere esercitata nel rispetto del carico di pressione fiscale che ai sensi degli articoli 3 e 53 della Costituzione incide sui redditi dei cittadini italiani in ragione della loro capacità contributiva prescindendo quindi dalla loro appartenenza ad una ragione ad ad un’altra.
Al riguardo si deve anche osservare che sistema fiscale è parte integrante è fondamentale della politica economica o complessiva: se la pressione fiscale supera i limiti della propria utilità diventa strumento di oppressione e povertà.
E’ perciò abbastanza facile intuire in che modo una politica che sancisce un aumento del carico fiscale sui cittadini sardi inciderebbe negativamente sulla già debole economia dell’Isola.
Alla luce di quanto esposto desta perplessità il fatto che sul delicato problema dell’Autonomia finanziaria che per decenni ha suscitato interessanti dibattiti politici e accademici la Regione Sardegna si sia limitata ad una rivendicazione, nei confronti dello Stato, di maggiori percentuali sul gettito, incassato nel territorio regionale delle imposte istituite con leggi statali.
Non disponendo la Regione, per quanto detto, di una reale autonomia finanziaria, non ha potuto prevedere, tra gli interventi a sostegno dello sviluppo dell’Isola, le incentivazioni fiscali e ha dovuto basare la propria azione politica quasi esclusivamente sulle erogazioni a vario titolo di contributi regionali ai quali si sono aggiunti quelli statali e comunitari ma il sistema dei contributi, nonostante l’entità rilevanti delle risorse impiegate, non è stato sufficiente a determinare il tanto auspicato sviluppo e in particolare a consentire a moltissime nuove aziende beneficiarie degli interventi pubblici di gestire con proprie forze e capitali, autofinanziandosi si con le risorse derivanti dalla affermazione dei loro prodotti sui mercati.
Le imprese sarde si sono dovute scontrare, oltre che con la limitatezza del mercato isolano e le loro spesso inadeguate dimensioni aziendali in rapporto al mercato nazionale ed internazionale, con la presenza di pesantissimi ed insuperabili handicap che hanno ridotto, nonostante le capacità degli imprenditori e la buona qualità dei prodotti, la possibilità di successo dei prodotti isolani.
In particolare l’insularità e la lontananza dai mercati, il non efficiente sistema di trasporti marittimi ed aerei ed i sui alti costi, la mancanza della rete di gas metano, il maggior costo dell’energia elettrica rispetto a quello praticato in Penisola, la periodica carenza di risorse idriche, si sono tradotti per le aziende sarde in maggiori costi di produzione e commercializzazione – aggiuntivi rispetto a quelli sostenuti dalle aziende dislocate in Penisola e nei Paesi europei – che hanno reso non competitivi i loro prodotti.
Per comprendere meglio le difficoltà di fare impresa in Sardegna si deve anche precisare che gli imprenditori isolani a fronte degli handicap sopraelencati, sostengono comunque alla pari degli Imprenditori del restante territorio nazionale identici i costì del lavoro e si avvalgono dell’identico sistema bancario, con costi del denaro superiore a quelli delle altre regioni e naturalmente sono tenuti al rispetto della stessa severa normativa comunitaria in tema di concorrenza.
E’ quindi evidente che maggiori ad aggiuntivi costi oltre a essere una delle cause principali della cronica crisi di moltissime aziende, scoraggiamo gli imprenditori dall’investire in Sardegna.
Emerge pericò l’esigenza di attivare un sistema di aiuto alle aziende sarde che, riducendo gli effetti negativi degli handicap, dia competitività al sistema produttivo isolano e renda, inoltre, conveniente investire in Sardegna.
A tal riguardo sarebbe necessario che la Regione, esercitando pienamente l’autonomia finanziaria riconosciutole dallo Statuto, potesse favorire, così come previsto dall’articolo 10 del vigente statuto, lo sviluppo economico dell’isola con esenzioni e agevolazioni fiscali per nuove imprese.
A quest’ultima osservazione va aggiunto che la via delle agevolazioni fiscali era stata individuata anche dai padri dello Statuto di autonomia; l’articolo 12 dello Statuto prevede Infatti l’istituzione in Sardegna (mai realizzata) di punti franchi.
Per avere un quadro completo del sistema finanziario vigente in Sardegna si deve anche osservare che lo stesso articolo 13, relativo al piano di rinascita, ha avuto un’attuazione saltuario e straordinaria, non sufficiente, comunque, a far recuperare alla Sardegna il divario con le regioni economicamente più sviluppate d’Europa.
Quanto esposto porta a contattare che la parte finanze demanio è patrimonio dello Statuto (Titolo III) non avendo avuto completa attuazione non ha perciò risposta le tante aspettative che sulla stessa venivano riposte.
L’autonomia finanziaria, che è la condizione essenziale di qualsiasi forma di autonomia di autogoverno, è stata di fatto sostituita da una forma abbastanza ibrida di finanza derivata che vieta alla regione di dotarsi di una politica economica realmente autonoma, basata su uno specifico sistema tributario regionale rispondente alle esigenze di sviluppo dell’isola.
E’ infatti evidente che il potere di esigere direttamente tributi, di individuare i soggetti obbligati, di definire le aliquote e la relative esenzioni e riduzioni, avrebbe dato la regione maggiori possibilità di incidere positivamente sull’economia, anche perché con un sistema diretto di gestione delle entrate avrebbe subìto sicuramente un ridimensionamento anche il fenomeno dell’evasione fiscale.
Il nuovo Statuto deve superare tali limiti regolamentando con norme chiare il diritto della Sardegna di autogovernarsi e di disporre di una completa reale autonomia finanziaria.
Deve essere specificamente la Regione a regolare in ogni suo aspetto il regime di tributi statali e regionali percepibili sul territorio isolano provvedendo direttamente alla loro riscossione e trasferendo successivamente sulla base di apposita convenzione una parte delle somme introitate allo stato a titolo di contributo per le spese generali.
Alla stessa regione, per quanto detto, dovrà essere attribuito il potere di fissare, in accordo con l’Unione Europea, esenzioni agevolazioni fiscali sull’acquisto delle materie prime, sul costi dei trasporti, del lavoro e dell’energia elettrica che rendano conveniente e remunerativo l’investimento di capitali in Sardegna.
Con specifica norma, ancora, il piano di rinascita dovrebbe diventare strumento permanente di sostegno dell’economia isolana finalizzata particolarmente all’incremento delle Infrastrutture ed al superamento dei limiti interni ed esterni che hanno sinora condizionato lo sviluppo dell’isola.
L’analisi sin qui delineata conduce all’ipotesi di autogoverno dell’Economia e della Finanza che si intende proporre per la Sardegna, la quale deve godere di un regime economico e fiscale speciale proprio in ragione delle sue peculiarità storiche, sociali e culturali.
Individuiamo, a titolo esemplificativo, alcuni tratti essenziali del ipotesi a venire: il regime economico e fiscale della Sardegna su tutto il territorio si baserà su un imposizione uguale o minore che nel resto dello Stato e nelle franchigie statale sul consumo compatibili con imposizione diretta specifica destinata a finanziare le istituzioni autonomistiche e le autonomie locali; l’applicazione del principio di libertà commerciali di importazione ed esportazione. Si baserà inoltre sulla non applicazione di alcun tipo di monopolio né delle accise comunitarie.
il regime economico e fiscale dovrebbe incorporare i principi e le norme applicabili con conseguente riconoscimento della Sardegna come regione insulare più periferica dello Stato e a bassa densità di popolazione quali derivano dalla attuazione dei trattati e delle norme dell’Unione Europea.
Ciò permetterebbe di superare le casistiche strutturali permanenti che ostacolano il suo sviluppo con le modulazioni e le deroghe in materia doganale, commerciale, fiscale, agricola, Industriale, turistica e dei servizi; di autorizzazioni e di contenuti nelle delle zone franche industriali, di fornitura delle materie prime e dei semilavorati, di beni di consumo essenziali, di concessione di aiuti pubblici e in particolari condizioni di accesso ai fondi strutturali e ai programmi orizzontali dell’Unione Europea.
In accordo con le basi economiche del regime economico e fiscale speciale della Sardegna – applicazione moderna dell’intuizione dei Padri dell’Autonomia che prefigurava per la Sardegna e la zona franca integrale e in ragione delle diseconomie accumulatesi negli anni e conseguenti alla non realizzazione dei punti franchi previsti dallo statuto del 48 – dovranno essere adottate soluzioni specifiche di fiscalità di vantaggio e compensazioni basate sulla differenziale fiscale favorevole è speciale rispetto all’Italia dall’Unione Europea applicabili in tutta l’isola in materia di agro-industriale, turistica, commerciale, artigiana, industriale, dei servizi, ambientale, energetica, finanziaria e assicurativa, dei trasporti in generale, delle telecomunicazioni e della ricerca applicata.
il regime economico fiscale della Sardegna dovrà costituire una zona economica speciale che, in ragione dell’esiguità della popolazione sarda, non rappresenti un ostacolo alla libera concorrenza ed al divieto di aiuti di Stato all’interno dell’Unione Europea, soprattutto in seguito alla l’allargamento ad est che ha causato l’uscita della Sardegna dell’obiettivo 1 ed a fronte del massiccio uso delle zone franche nei paesi neocomunitari e della sponda sud del Mediterraneo che con la realizzazione nel 2010 e la zona di libero scambio euro-mediterraneo, causeranno alla Sardegna il crollo di tutte le attività manifatturiere e agroindustriali.
Il regime economico e fiscale sardo rovesciando il modello di sviluppo perseguito con la vecchia autonomia, sarà finalizzato ad attrarre investimenti e tecnologia ed a creare un’economia cerniera tra l’Europa continentale e i paesi del bacino del Mediterraneo.
Dovrà essere di competenza esclusiva dalla Regione la materia di giochi scommesse case da gioco e simili quando queste attività si svolgono esclusivamente nel territorio dell’isola.
Bibliografia: Progetto finale de Sa Carta de Logu noa pro sa Natzione sarda – Il nuovo Statuto speciale per la Nazione sarda. Edizione Condaghes 2009