Sardegna, un nuovo patto con la Repubblica Italiana
L’ora scoccò anche il 28 aprile 1794, quando il popolo sardo si ribellò costringendo alla fuga il viceré Vincenzo Balbiamo e i funzionari piemontesi, Due anni dopo arrivò la restaurazione, con il tradimento delle idee ed iniziative dell’eroico patriota sardo Giovanni Maria Angioy. Nel 1847 vi fu la richiesta dei sardi (non a caso l’unica accolta senza riserve in quanto si traduceva nella cessione gratuita del Regno sardo ai principi di Savoia) di fusione della Sardegna con il Piemonte, che Giovanni Battista Tuverì riconobbe da subito come un gravissimo errore. Poi fu la volta dell’unità d’Italia (quella che nei libri di storia ci hanno mitizzato) che relegò la Sardegna ancor più alle periferie. Poi arrivò il primo dopo guerra, con la nascita del Partito Nazionale Combattenti (1919) poi denominato Partito Sardo d’Azione (1921) ed una nuova coscienza nazionale sarda che sembrava finalmente segnare l’ora della Sardegna e della definitiva affermazione dei propri diritti di autodeterminazione. Ma di lì a poco arrivò il fascismo e tutti i partiti politici, compreso il Psd’Az, furono sciolti per legge. Un’altra grossa occasione per i sardi fu la nascita della nuova Repubblica Italiana. Scoccò anche qui l’ora per i sardi di elaborare uno Statuto per la Sardegna che fosse all’altezza delle aspettative e delle necessità della Natzione sarda, ma la proposta di Statuto Federalista presentata dal Psd’Az il 10 Gennaio 1946 fu maldestramente osteggiata da tutti i partiti italiani e l’apposita commissione dell’Assemblea Costituente partorì nel 1948 l’attuale Statuto di stampo prudentemente autonomistico e rinunciatario su tutte le tematiche (ad iniziare dalla Zona Franca) che fu da subito giudicato totalmente inadeguato tanto da divenire, sin dagli anni ’50 e ’60 e soprattutto dall’esponente sardista Antonio Simon Mossa. oggetto di critiche.
Da allora si è assistito periodicamente alla produzione di preziosi ed encomiabili documenti e proposte politiche tese a superare le gravi carenze dell’attuale Statuto.
Il 24 febbraio 1999 il Consiglio regionale della Sardegna ha approvato un ordine del giorno ed una mozione sull’indipendenza della Sardegna.
Il 4 Aprile 2007 è stato presentato pubblicamente il testo della Carta de Logu noa pro sa Natzione Sarda, frutto di un lungo lavoro di sintesi svolto da un comitato coordinato da Mario Carboi al quale hanno fatto parte ben 18 personalità della cultura e della politica sarda e che è stato depositato al Senato della Repubblica come il disegno di legge costituzionale il 27 novembre 2008 dall’Onorevole Massidda.
In seguito la Fondazione Sardinia il 4 Febbraio 2010 ha distribuito a ciascun consigliere regionale un ordine del giorno quale sintesi del convegno di Santa Cristina svolto poco prima a Paulilatino , “Sardegna: statuto e sovranità. Progetti ed esperienze di autodeterminazione in Europa”,
Nello stesso Consiglio regionale è pure depositata, dal 21 maggio 2009, la mozione per l’indipendenza della Sardegna del gruppo consiliare sardista.
L’8 aprile 2012 il senatore sardo del Partito Democratico, Antonello Cabras, ha depositato presso lo stesso Senato un disegno di legge costituzionale sullo statuto speciale della regione sarda, dal contenuto sicuramente innovativo, ma meno coraggioso rispetto alle altre proposte.
Il 17 Dicembre 2015 i Consiglieri regionali Dedoni, Cossa, Crisponi hanno presentato una ulteriore proposta di legge per un nuovo Statuto della Regione Autonoma della Sardegna che, ad eccezione dell’art. 53 relativo alle Province, pare riprendere integralmente la proposta del comitato del 2006 coordinato da Mario Carboni.
Est hora de aberus. Dopo Convegni, studi, confronti e documenti che di fatto sono tutti altamente concordanti soprattutto sulla indifferibilità di una profonda riforma dello Statuto della Sardegna che ponga al centro la Natzione sarda ed il suo diritto all’autodeterminazione, utili a liberare energie, risorse e progettualità nel nome dei nuovi paradigmi di consapevolezza e responsabilità, è necessario prendere atto che bisogna iniziare urgentemente la fase concreta delle riforme istituzionali compiendo tuti gli atti formali, giuridici e politici conseguenti.
L’esperienza di questi anni ci insegna alcune cose delle quali far tesoro: 1) nessuna iniziativa parlamentare estemporanea o isolata può avere concrete possibilità di trovare spazio per la debolezza e frammentarietà della rappresentanza politica sarda nel Parlamento Italiano; 2) l’ipotesi dell’Assemblea Costituente sarda non ha avuto alcun seguito ed anzi ha finito inconsapevolmente di rallentare l’attesa stagione delle riforme.
E’ quindi urgente elaborare una nuova strategia che superi gli ostacoli dei punti 1) e 2), passando ad una fase operativa e concreta di riforme istituzionali che siano capaci, sotto la guida di una classe dirigente sarda (tutta) finalmente matura e consapevole, di far esprimere il popolo sardo attraverso già sperimentati strumenti di partecipazione popolare e avviando subito dopo un pressante confronto con la Repubblica Italiana.
Il testo da prendere a base del ragionamento è evidentemente quello de Sa Carta de Logu Noa pro sa Natzione sarda, cioè il testo proposto dal comitato promotore del 2006 con Mario Carboni coordinatore, Antonello Carboni Segretario Generale, Gianfranco Pintore Coordinatore del Comitato Scientifico del quale hanno fatto parte personalità di alto livello tra i quali mi sia consentito citare il Prof. Francesco Cesare Casula. Questo testo è quello che indubbiamente ha avuto sinora i maggiori consensi e sul quale varrebbe aprire un dibattito finale con il quale ci piacerebbe innestare qualche significativa integrazione che avvicini il più possibile la forma di governo della Sardegna al modello svizzero.
Sono finiti dunque gli alibi: abbiamo un testo, abbiamo una proposta; solo i sardi e la classe politica possono divenire, continuando nell’atteggiamento spocchioso e dilatorio, nemici di sé stessi e della Sardegna condannando i nostri figli ed i nostri nipoti alla subalternità. Fortza Paris!