JOSEPH FUOS (1739-1805): La Sardegna? Impoverita dallo scambio ineguale, di Francesco Casula.
Ancora una volta attingo a piene mani dal meticoloso lavoro del Prof, Francesco Casula. Io i questi caso vi h colto un elemento di riflessione più che mai attuale: se vogliamo che la Sardegna produca ricchezza dobbiamo puntare alla trasformazione delle materie prime, l’attività cioè dal più alto valore aggiunto. In caso contrario il nostro destino non sarebbe dissimile dalle colonie sparse per il mondo sfruttate, appunto, solo per le materie prime.
Come ci vedono gli “ALTRI” (7) di Francesco Casula – Viaggiatori tedeschi in Sardegna: JOSEPH FUOS (1739-1805)
Secondo lo studioso Francesco Alziator la letteratura vera e propria di viaggio sulla Sardegna comincia proprio col tedesco Joseph Fuos: “In realtà – scrive nella sua Storia della Letteratura di Sardegna , Francesco Alziator – la priorità della scoperta dell’Isola spetterebbe ai tedeschi con Giuseppe Fuos che già nel 1780 aveva pubblicato in Lipsia le sue [Nachricten aus Sardinien, von der gegenwartigen Verfassung dieser Insel]. È in effetti con questo cappellano che lo sguardo sull’Isola assume un’altra prospettiva: in precedenza oggetto di freddi resoconti e memoriali redatti per il governo piemontese, la Sardegna è da questo momento sotto l’occhio critico e interessato di viaggiatori che guardano con interesse alle usanze locali, ai costumi, agli aspetti più svariati della società. Fuos nasce nel 1739 a Krumschiltach, presso Baden. Della sua vita si hanno poche notizie: figlio di un albergatore, luterano, segue gli studi teologici e nel 1760 viene nominato cappellano di reggimento di fanteria a Stoccarda, scegliendo poi di proseguire la carriera ecclesiastica fino a divenire vescovo nella città di Ebersbach, dove muore nel 1805. La sua permanenza nell’Isola, come cappellano del Royal Allemand von Ziethen, di stanza a Cagliari al servizio dei Savoia risale agli anni 1774-77, in cui mise insieme le sue osservazioni e considerazioni, raccolte poi nelle tredici lettere di cui si compone Nachrichten aus Sardinien. L’opera venne edita in Germania, a Lipsia sin dal 1780, ma nel nostro paese comparve solamente un secolo dopo nel 1899, quando venne tradotta da un avvocato, Pasquale Gastaldi-Millelire cui diede il titolo di La Sardegna nel 1773-1776 descritta da un contemporaneo. L’opera tratta di Cagliari e delle antichità dell’Isola, dei Gesuiti, della religione e della Santa sede, del clima e dei costumi dei Sardi ma anche delle Sagre di Sant’Efisio o di Sant’Antioco. Nel 2001 è stata ripubblicata con il titolo Notizie sulla Sardegna dalla casa editrice Ilisso a cura di Giulio Angioni che definisce il Fuos colto, aggiornato, curioso ed onesto, quasi l’opposto della macchietta che risulta dalle pagine del Raccontar fole di Atzeni . Sergio Atzeni infatti in Raccontar Fole attacca il cappellano militare tedesco considerandolo una bella tempra di costruttore di leggende e di miti, ad iniziare dalla fola dell’erba del riso sardonico, peraltro già denunciata da Pasquale Gastaldi-Millelire, il primo traduttore dell’opera del Fuos sulla Sardegna, con espressioni come: Non si è mai sentito parlare di ciò in Sardegna; o è una fola o E’ un errore; oppure ancora: Panzana delle più enormi che siansi mai dette sulla Sardegna. Sempre a parere di Atzeni, Fuos avrebbe prodotto e diffuso un’immagine di un paese a metà strada fra realtà e fiaba. Un’isola lontana, primitiva, leggendaria. Certo è che Fuos scopre il contrasto tra un territorio bellissimo e dalle ricchezze inesauribili e le sue difficili condizioni sociali ed economiche, in un momento in cui il passaggio alla casa Savoia (1718) non aveva posto rimedio – né mai lo porrà – alla pesante eredità di una Spagna in decadenza. Il viaggiatore tedesco non può fare a meno di rilevare le condizioni di vita delle persone, l’abbandono delle terre, l’esosità delle imposte, la carenza di attività commerciale, l’inesistente rete viaria, lo stato delle strade infestate dai banditi e le distanze enormi che tenevano lontani i villaggi di contadini e pastori, emblema di uno spopolamento causa ed effetto della povertà. Egli offre inoltre, nelle sue pagine, uno spaccato utile alla ricostruzione della società sarda nella seconda metà del ‘700: anche se occorrerebbe fare la tara alle esagerazioni e alla vis polemica particolare contro la pigrizia dei sardi, un vero e proprio refrain e luogo comune ripetuto da molti “viaggiatori”. Il Fuos inoltre sottolinea la ricchezza dell’animo sardo e asserisce che le tradizioni e le feste popolari costituivano una preziosa testimonianza di antiche consuetudini. Le lettere spaziano per argomenti trattando dall’ordinamento politico del paese (la III e la IV) alle condizioni della cultura e del commercio (la XI e la XII: in cui è presente la sua mania e ossessione nel denunciare l’oziosità e la pigrizia dei Sardi, a fronte delle Attuali buone leggi dei Savoia e Le buone ordinanze del governo)! Ma quali? La lettera è comunque interessante: fra l’altro accenna al meccanismo che gli economisti chiamano dello “Scambio ineguale”, già presente fin da allora e che caratterizzerà nei secoli successivi tutta l’economia sarda:” I Sardi – scrive Fuos – mandano fuori di paese i cuoi e pelli greggie e le ricomprano conciate. Sarà tale diabolico e perverso meccanismo che impoverirà la Sardegna – e ancora l’impoverisce – perché essa continua a esportare prodotti e semilavorati a basso valore aggiunto mentre importa prodotti finiti ad alto valore aggiunto, in questo “scambio ineguale” fra prodotti esportati pagati poco e prodotti importati pagati molto, si verifica il suo impoverimento. Inutile dire che la spiegazione del Fuos di tale scambio ineguale è per lo meno ridicola: ricondotta com’è alla oziosità e pigrizia dei Sardi. Da buon ecclesiastico egli dedica poi tutto il corpo centrale delle lettere (dalla V alla X), ovvero la metà del libro, ai problemi della Chiesa e alla ricostruzione della storia del contenzioso fra i Savoia e la Santa sede per le “Investiture”. Ma la sua attenzione si sofferma specialmente nel racconto delle manifestazioni religiose isolane (la sagra di Sant’Efisio, i riti pasquali) che rappresentano la testimonianza di antiche tradizioni.