L’Impero Romano impiegò più di un secolo per piegare la resistenza dei sardi, Francesco Casula
(La foto di copertina l’ho acquisita dal sito di Angelo Locci https://storiasarda.blogspot.com/2014/01/le-ribellioni-dei-sardi-nei-confronti.html)
L’idea che taluno propugna di un Impero Romano che si fosse limitato ad occupare le coste sarde al fine del controllo delle rotte del mediterraneo senza incidere sulla vita dei sardi è totalmente priva di fondamento, come parimenti lo è l’idea che i sardi non avessero opposto resistenza. La realtà che emerge da una lettura di uno dei documenti più significativi, la Storia di Roma di Tito Livio, è ben diversa. Ci vollero bel più di 100 anni per piegare le strenui resistenze dei sardi e anche dopo la definitiva conquista i sardi mantennero vive per secoli gli usi, i costumi e le tradizioni, tanto che il cristianesimo dovette fare i conti, ancora per buona parte del primo millennio, con una cultura pagana che fu rimossa solo con scientifica sostituzione e confusione dei vecchi riti con i nuovi, attraverso la costruzione di chiese affianco ai nuraghi ed ai pozzi sacri, che per la maggior parte furono ribattezzati, con nomi assonanti, a santi cristiani.
La foto di copertina l’ho acquisita dal sito di Angelo Locci https://storiasarda.blogspot.com/2014/01/le-ribellioni-dei-sardi-nei-confronti.html
Sul tema specifico delle vicende che videro sardi e romani impegnati i primi nella difesa ed i secondi nella guerra di conquista della Sardegna, riporto letteralmente quanto riportato per mano del Prof. Francesco Casula sul proprio spazio social.
Livio (59 a.c.-17 d. c.) è autore della monumentale Storia di Roma “Ab urbe condita” (che tratta il periodo che va dalle Origini al 9 a.c., in 142 libri, che per la gran parte sono andati persi. Nel I secolo d.c. furono riassunti. Oggi possediamo i libri: I-X (fino al 293 a.c.), i libri XXI-XXV ( dal 218 al 167 ), oltre a frammenti, sommari e compilazioni varie.. Parlando dei sardi sostiene che erano facile vinci (avvezzi ad essere battuti facilmente). Un giudizio senza alcun fondamento storico e anzi contraddetto dallo stesso Livio, in un altro passo della sua storia, in cui parla di gente ne nunc quidem omni parte pacata (popolazione non ancora del tutto pacificata). E siamo alla fine del 1 secolo a. c.!
Dopo l arrivo infatti delle legioni romane in Sardegna nel 237 a.c. la resistenza alla dominazione romana sarà lunghissima e dura. E lo stesso Livio insieme ad altri storici a scandire decine e decine di guerre contro la popolazione sarda da parte dei consoli romani: fin dal 236 un anno dopo la conquista da parte romana del centro sardo-punico della Sardegna, i Romani condussero operazioni contro i Sardi che rifiutavano di sottomettersi. Per continuare nel 235, quando i Sardi si ribellano e vengono repressi nel sangue da Manlio Torquato, lo stesso console che sarà scelto per combattere Amsicora e che celebrerà il trionfo sui Sardi, il 10 Marzo del 234, come attesteranno i Fasti trionfali capitolini.
Nel 233 ulteriori rivolte saranno represse dal Console Carvilio Massimo, che celebrerà il trionfo il Primo Aprile del 233. Nel 232 sarà il console Manio Pomponio a sconfiggere i Sardi e a meritarsi il trionfo celebrandolo il 15 Marzo.
Nel 231 vengono addirittura inviati due eserciti consolari, data la grave situazione di pericolo, uno contro i Corsi, comandato da Papirio Masone e uno, guidato da Marco Pomponio Matone, contro i Sardi. I consoli non otterranno il trionfo, a conferma che i risultati per i Romani furono fallimentari. E a poco varrà a Papirio Masone celebrare di sua iniziativa il trionfo negatogli dal senato, sul monte Albano anzichè sul Campidoglio e con una corona di mirto anzichè di alloro. In questa circostanza il console Matone la testimonianza è dello storico Zonara chiederà segugi addestrati nella caccia e adatti nella ricerca dell uomo per scovare i sardi barbaricini che, nascosti in zone scoscese e difficilmente accessibili, infliggevano dure perdite ai Romani.
Nel 226 e 225 si verificherà una recrudescenza dei moti, ma ormai come sottolinea lo storico sardo PietroMeloni (in La Sardegna romana, Chiarelli editore) Roma è intenzionata fortemente al dominio del Mediterraneo e dunque al possesso della Sardegna che continua ad essere di decisiva importanza e l’Isola unita con la Corsica, come la Sicilia dopo il 227 ha avuto la forma giuridica di Provincia con l’invio di due pretori per governarla. Ci saranno infatti rivolte ancora nel 181 che nel 178 a.c: gli Iliesi con l’aiuto dei Balari avevano attaccato la Provincia, la zona controllata da Roma e i Romani non potevano opporre resistenza perché le truppe erano colpite da una grave epidemia, forse la malaria.
Nel 177 e 176 nuove e potenti sommosse costringeranno il Senato romano ad arruolare sotto il comando del console Tiberio Sempronio Gracco lo stesso console della conquista romana con due legioni di fanti ciascuna, più di 300 cavalieri, 10 quinquiremi cui si associeranno altri fanti e 600 cavalieri fra alleati e latini.
Commenta (in Barbaricini e la Barbagia nella storia della Sardegna)) lo storico sardo Salvatore Merche: La grandezza di questa spedizione militare e lo sgomento prodotto nell’ urbe dal solo accenno a una sollevazione dei popoli della montagna, dimostra quanto questi fossero terribili e temuti, anche dalla potenza romana, quando si sollevavano in armi. Evidentemente poi, perdurava in Roma la terribile impressione e i ricordi delle guerre precedenti con i Pelliti di Amsicora e di Iosto, nelle quali i Romani avevano dovuto constatare d aver combattuto con un popolo d eroi, disposti a farsi ammazzare ma non a cedere. Altro che Sardi facile vinci!
Alla fine dei due anni di guerra ne furono uccisi 12 mila nel 177 e 15 mila nel 176. Nel tempio della Dea Mater Matuta a Roma fu posta dai vincitori questa lapide celebrativa, riportata da Livio: Sotto il comando e gli auspici del console Tiberio Sempronio Gracco la legione e l’esercito del popolo romano sottomisero la Sardegna. In questa Provincia furono uccisi o catturati più di 80.000 nemici. Condotte le cose nel modo più felice per lo Stato romano, liberati gli amici, restaurate le rendite, egli riportò indietro l esercito sano e salvo e ricco di bottino, per la seconda volta entrò a Roma trionfando. In ricordo di questi avvenimenti ha dedicato questa tavola a Giove. Gli schiavi (almeno 50.000) condotti a Roma furono così numerosi che turbarono il mercato degli stessi nell’intero mediterraneo, facendo crollare il prezzo tanto da far dire a Livio Sardi venales : da vendere a basso prezzo. Ma le rivolte non sono finite neppure dopo il genocidio del 176 da parte di Sempronio Gracco. Altre ne scoppiano nel 163 e 162.
Non possediamo informazioni perché andate perse le Deche di Tito Livio successive al 167 sappiamo però da altre fonti che le rivolte continueranno: sempre causate dalla fiscalità esosa dei pretori romani e sempre represse brutalmente nel sangue. Così ci saranno ulteriori guerre nel 126 e 122: tanto che l’8 Dicembre di quest’anno viene celebrato a Roma il trionfo di Lucio Aurelio; e infine nel 104 con la vittoria di Tito Albucio, l’ultima ribellione organizzata che le fonti ci tramandano, ma non sicuramente l’ ultima resistenza che i Sardi opposero ai Romani.
Ringrazio Professor Francesco Casula per questi preziosi contenuti.