L’illuminismo economico di Paolo Savona, recensione di Gavino Guiso
Nel mare di letture desiderate e desiderabili e nel mezzo di fiumi di contenuti con i quali il mio lavoro di imprenditore e consulente di finanza alternativa mi costringe a confrontarmi quotidianamente, ho voluto ad ogni costo trovare un modo per bere d’un fiato l’ultima opera di Paolo Savona dal titolo “Illuminismo economico”, titolo che, a suo dire, apparirebbe “ermetico ed il cui contenuto di semplice lettura”. Mi consentirà il Prof. Savona di dire che, al contrario, il titolo mi appare ben chiaro (il richiamo all’uso della ragione), ma che invece è il contenuto ad essere ostico e non già solo a causa del rigoroso lessico tecnico, ma per il suo essere fuori dagli schemi e quindi di fatto comprensibile solo a chi abbia apertura di vedute. Un fatto che emerge è che si tratta di un lavoro che tenta di lasciarsi indietro diversi pregiudizi di sorta (non ultimo l’ormai surreale dualismo destra sinistra) richiamando nel contempo sia ad una rottura degli schemi che ad una più rigorosa applicazione di alcuni principi economici che per l’autore sono e rimarranno per sempre fari irrinunciabili nella cassetta degli attrezzi di un economista accorto. In mezzo a tante criticità Paolo Savona è comunque capace di individuare una via di uscita dal pantano poggiando sugli elementi vincenti delle esportazioni e del risparmio ed individuando invece tra i punti deboli il ritardo del sistema finanziario italiano nell’intercettare questi risparmi per “favorire investimenti sull’economia reale, stimolando gli investimenti innovativi, le esportazioni, l’ampliamento del capitale di rischio e l’uso di strumenti, come i titoli irredimibili, che non trasferiscono alle generazioni future i costi del benessere delle attuali generazioni”.
Certo è che se, come afferma Paolo Savona, dopo quasi un secolo ancora si discute quali siano state le cause della Grande depressione del 1929-33, non ci rimane che osservare, studiare ed analizzare le vicende economiche per cercare di non subire gli eventi e riuscire anzi a passare il prima possibile da una fase confusa di emergenza ad una nuova fase di programmazione consapevole della ripresa produttiva. Ritengo personalmente questa impostazione basata sula conoscenza e sulla consapevolezza un faro per tutti coloro che tentano in qualche modo di riprendere il bandolo della matassa e non dimentico che anche la Sardegna, ormai pienamente integrata con il resto del mondo, ha urgente necessità di una classe dirigente capace di acquisire questo approccio e puntare ad una programmazione di alto profilo che superi definitivamente la visione emergenziale.
In questa auspicabile prospettiva concettualmente e tecnicamente ineccepibile sta forse anche un limite la cui rimozione, certamente, non compete al mondo degli economisti, ma bensì al modo sociale, culturale, politico, in altre parole ad una classe dirigente capace di non ridurre l’economia a fatto tecnico da affrontare con mero spirito illuministico e si badi bene, ciò non è una critica a Paolo Savona che nella sua veste di economista si limita (e non è poco di questi tempi) a fare bene il proprio mestiere di economista.
Mi chiedo se ci portiamo ancora dietro le contraddizioni irrisolte del 900, figlio di due visioni che non sono mai riuscite a fare sintesi dell’uomo nella sua interezza, quella illuminista di Voltaire e Montesquieu e quella romantica di Kant, Foscolo e Manzoni, una sintesi che oggi siamo chiamati però a portare a compimento per evitare di sfracellarci ancora una volta nel fallimento dell’uomo ridotto a sua ragione fallace, dalla quale non possiamo prescindere, ma dalla quale dobbiamo anche difenderci, conoscendo l’uomo e la sua natura, appunto, umana.
Il punto è che la ragione non potrà mai sostituire l’umanità , così come l’economia ed i suoi importanti principi non potranno mai sostituire la politica. Dobbiamo prendere atto che per il progresso umano l’economia ed i suoi principi sono sicuramente un preziosissimo strumento di razionale ed illuministica comprensione di meccanismi le cui dinamiche sono peraltro generate perlopiù da sentimenti e desideri umani nel senso più romantico del termine, L’individualismo, l’irrazionalità, il bisogno da parte dell’uomo di riconoscersi finito di fronte all’infinito (intesi nel senso più laico del termine) non possono essere scisse dall’uomo e dalle sue vicende storiche e il tentativo dell’illuminismo di ricondurre tutto a teoria e sistema è assolutamente fallito. Vero è che in ogni caso esistono dei meccanismi economici al servizio dell’uomo, che devono essere razionalmente governati, ma questi meccanismi sono e saranno sempre deviati dall’irrazionalità umana, fatta di amore, desiderio, finitezza, individualismo, animismo, religiosità anche laica.
Al di là di queste premesse, doverose vista l’impostazione anche “filosofica” dell’opera di Paolo Savona, che ringrazio per avermi fatto inciampare nei miei studi classici liceali con i riferimenti al Caos, ad Esiodo, passando per la celebre opera di Goya “Il sonno della ragione genera mostri”, il precedente Spinoza, Emanule Kant (Sapere Aude), sino ad arrivare allo scomparso filosofo moderno Giulio Giorello, passo ad elencare schematicamente gli elementi salienti che hanno maggiormente colpito il mio immaginario.
La prassi instaurata con il quantitative easing generato dalle crisi del 2008 e del 2020 ha fatto emergere più di un dubbio sul ruolo delle autorità monetarie nell’ambito di regole poco definite su spazi affidati alla buona volontà e buona fede di persone per sottacere del vuoto politico corrispondente (affermo da anni che la politica ha ormai abdicato al proprio ruolo). Per Paolo Savona questa è la naturale conseguenza di una BCE e di una UE zoppe perché private del ruolo di prestatori di ultima istanza. Non da ultimo sarebbe necessario intervenire per eliminare alcune distorsioni frutto di meccanismi iniqui che spingono a prezzi negativi i titoli di stato tedeschi ogni qualvolta la BCE interviene ad acquistare titoli di stato di un qualsiasi altro paese Ue e ciò in quanto vige la regola di pari acquisto di una uguale percentuale di titoli di tutti gli Stato membri, anche di quelli che dovessero poi ritrovarsi con un surplus monetario, generando in questi paesi, come la Germania appunto, un forte e crescente potere finanziario.
Paolo Savona punta dritto il dito sulla “finanziarizzazione dell’economia” che ha dato vita ad un’industria finanziaria sganciata dall’economia reale, gonfiando volumi di attività facendo perdere alla moneta la propria funzione di generatore di reddito. Questo peccato originale, sempre secondo l’autore, peggiorerà con l’affermarsi delle innovazioni finanziarie (vedi ad esempio le cripto-valute) fuori dai mercati regolamentati.
Quando l’economia reale ha la febbre, ma le borse appaiono sane, qualcosa non funziona. L’evidenza è che non risponde sempre al vero che una creazione monetaria eccessiva porti automaticamente a maggiore inflazione. Allo stesso tempo Paolo Savona ammonisce sul futuro e teme che una futura ripresa dell’inflazione ed una conseguente stretta monetaria possa far cadere l’enorme castello di carta dell’indebitamento costruito in questi ultimi anni. Il punto è che la finanza dovrebbe essere ricondotta ad essere ancella dello sviluppo reale prima che ancella di sé stessa, per produrre valore aggiunto frutto dell’attività produttiva.
Un pericolo che Paolo Savona riprende più volte è rappresentato dalla creazione ormai consolidata e crescente di cripto-valute gestite da piattaforme decentralizzate, che per ora non vedono la partecipazione e l’adesione degli stati e del sistema bancario nel suo complesso, forse a difendere l’attuale sistema che permette rendite ingiuste nascenti dal fatto che i gestori incassano commissioni sganciate dalla redditività finanziaria delle transazioni.
“Abbondano analisi, proposte e anche iniziative di riforma istituzionale, ma siamo alle soglie di un dramma a causa dell’orientamento prevalente verso la conservazione….il potenziamento delle politiche monetarie, la dipendenza dalle politiche finanziarie e l’uso dele politiche fiscali per aumentare il ruolo dello stato e diminuire quello del mercato”.
L’Italia viene definita da Paolo Savona “un vaso di cristallo in un negozio di elefanti”. La materia del contendere è quella dell’informazione, la vera ricchezza che oggi muove alla conquista immateriale di nuovi spazi di potere assoluto. Da questa prospettiva gli Stati Uniti d’America sono il paese che vanta la supremazia attraverso colossi quali Microsoft, Cisco, IBM, Aplle, Ggole, Amazon, Yahoo, Facebook, mentre l’Italia appare del tutto inadeguata. Secondo Paolo Savona l’Italia avrebbe bisogno di un bagno di illuminismo, credere nel progresso e trarne le conseguenze: guadagnarsi i pranzi e la moneta. Inoltre il protezionismo non è certo la strategia migliore per un paese che vuole contare sugli equilibri geopolitici, anche perché non è mai stato foriero di progresso economico e sociale.
Paolo Savona pone inoltre l’accento sul peccato originale della nascita di un Europa frutto di meccanismi calati dall’alto, privi di una base di consenso, che ha trasfromato la natura degli accordi in vincoli piuttosto che in opportunità di crescita. La nascita dell’euro in un’area non ottimale e non pronta al passaggio hanno generato conseguenze negative che sono sotto gli occhi di tutti.
Scrive Paolo Savona, a proposito dell’Italia, “cova sotto la cenere la possibilità che la rottura del vaso di cristalli dell’Italia venga fronteggiata mettendolo sotto protezione dei partner europei….nessuna sorpresa, la Storia insegna che il ricorso allo straniero per risolvere i problemi è nel nostro DNA…..”. Secondo Paolo Savona si può sventare questo sbocco puntando sul potenziamento delle esportazioni e sulla protezione del risparmio.
Per quanto mi riguarda ringrazio il Prof. Paolo Savona per avere, con la sua pubblicazione, stimolato la mia curiosità e la mia necessità di progredire nella comprensione delle tematiche economiche generali. Come sardo, molto prima che come italiano, sono ormai cosciente che ogni territorio del mondo è di fatto pienamente integrato nel mono finanziario mondiale e questa consapevolezza è l’unica che può davvero aiutarci nell’elaborazione di politiche economiche capaci di portarci verso lo sviluppo. Prendendo alla lettera il contenuto ed il messaggio di Paolo Savona è chiaro che la Sardegna può scommettere sul proprio sviluppo e conseguentemente sulla propria indipendenza economica (importante stampella per quella tanto desiderata di tipo politico) se sarà capace di imprimere una forte accelerazione delle esportazioni riuscendo nel contempo ad attirare investitori in progetti e nuovi modelli di business.