Tito Manlio Torquato, il console romano sanguinario nemico della Sardegna, di Francesco Casula
Dopo i Savoia tocca ai sanguinari consoli romani: l’iniziativa di Pauli (Monserrato) di Francesco Casula. Clicca qui per leggere la fonte l’originale.
A Pauli (Sardegna) alcuni cittadini, con una Lettera indirizzata al Sindaco, propongono di fare sloggiare Tito Manlio Torquato, chiamato “criminale sanguinario” per dedicare la Via oggi a lui intitolata, a un personaggio di Pauli che “abbia contribuito a dare lustro alla città”. Iniziativa quanto mai opportuna: non possiamo infatti continuare a omaggiare i nostri carnefici. E tale è stato proprio il console romano Tito Manlio Torquato. Dopo aver fatto strame di Sardi nel 235 a.C, ritorna in Sardegna nel 215 a. C: nella prima battaglia contro Iosto stermina 30.000 Sardi e fa 1300 prigionieri. Nella seconda i morti (fra Sardi e Cartaginesi) saranno 22.000 e i prigionieri 3.700.Le stragi continueranno anche dopo il 215 a.C.: nec nunc quidem omni parte pacata (non essendo ancora la popolazione “pacificata”) scrive lo storico romano Tito Livio. E dunque occorre ancora proseguire con gli eccidi, per annientare definitivamente i sardi “resistenti”, secondo la filosofia romana e liviana improntata al “parcere subiectis”(perdonare chi si sottomette) ma “debellare superbos”(sterminare chi osa opporsi).E fu un etnocidio spaventoso. La nostra comunità etnica fu inghiottita dal baratro. Almeno metà della popolazione fu annientata, ammazzata e ridotta in schiavitù. “Negli anni 177 e 176 a.c – scrive lo storico Piero Meloni – un esercito di due legioni venne inviato in Sardegna al comando del console Tiberio Sempronio Gracco: un contingente così numeroso indica chiaramente l’impegno militare che le operazioni comportavano”. Alla fine dei due anni di guerra – ne furono uccisi 12 mila nel 177 e 15 mila nel 176 – nel tempio della Dea Mater Matuta a Roma fu posta dai vincitori questa lapide celebrativa, riportata da Livio: “Sotto il comando e gli auspici del console Tiberio Sempronio Gracco la legione e l’esercito del popolo romano sottomisero la Sardegna. In questa Provincia furono uccisi o catturati più di 80.000 nemici. Condotte le cose nel modo più felice per lo Stato romano, liberati gli amici, restaurate le rendite, egli riportò indietro l’esercito sano e salvo e ricco di bottino, per la seconda volta entrò a Roma trionfando. In ricordo di questi avvenimenti ha dedicato questa tavola a Giove”. Gli schiavi condotti a Roma furono così numerosi che “ turbarono“ il mercato degli stessi nell’intero mediterraneo, facendo crollare il prezzo, tanto da far dire allo stesso Livio Sardi venales: Sardi da vendere, a basso prezzo.Altre decine e decine di migliaia di Sardi furono uccisi dagli eserciti romani in altre guerre, tutte documentate da Tito Livio, che parla di ben otto trionfi celebrati a Roma dai consoli romani e dunque di altrettante vittorie per i romani e eccidi per i Sardi.Chi scampò al massacro fuggì e si rinchiuse nelle montagne, diventando dunque “barbara” e barbaricina, perché rifiutava la civiltà romana: ovvero di arrendersi e sottomettersi. Quattro-cinque mila nuraghi furono distrutti, le loro pietre disperse o usate per fortilizi, strade, cloache o teatri; pare persino che abbiano fuso i bronzetti, le preziose statuine, per modellare pugnali e corazze, per chiodare giunti metallici nelle volte dei templi, per corazzare i rostri delle navi da guerra.Le esuberanti creatività e ingegnosità popolari furono represse e strangolate. La gestione comunitaria delle risorse, terre, foreste e acque, fu disfatta e sostituita dal latifondo, dalle piantagioni di grano lavorate da schiere di schiavi incatenati, dalle acque privatizzate, dai boschi inceneriti. La Sardegna fu divisa in Romanìa e in Barbarìa. Reclusa entro la cinta confinaria dell’impero romano e isolata dal mondo. E’ da qui che nascono l’isolamento e la divisione dei sardi, non dall’insularità o da una presunta asocialità. A questo flagello i Sardi opposero seicento anni di guerriglie e insurrezioni, rivolte e bardane. La lotta fu epica, anche perché l’intento del nuovo dominatore era quello di operare una trasformazione radicale di struttura “civile e morale”, cosa che non avevano fatto i Cartaginesi. La reazione degli indigeni fu fatta di battaglie aperte e di insidie nascoste, con mezzi chiari e nella clandestinità. La Sardegna, a dispetto degli otto trionfi celebrati dai consoli romani, fu una delle ultime aree mediterranee a subire la pax romana, afferma lo storico Meloni. Ma non fu annientata. La resistenza continuò. I sardi riuscirono a rigenerarsi, oltrepassando le sconfitte e ridiventando indipendenti con i quattro Giudicati: sos rennos sardos (i regni sardi).
English Version
In Pauli (Sardinia) some citizens, with a letter addressed to the Mayor, propose to displace Tito Manlio Torquato, called a “bloodthirsty criminal” to dedicate the street now named after him, to a character of Pauli who “contributed to giving prestige to the city”. An initiative that is very opportune: in fact, we cannot continue to pay homage to our executioners. And such was the Roman consul Tito Manlio Torquato. After having littered Sardis in 235 BC, he returned to Sardinia in 215 BC. C: in the first battle against Iosto he exterminates 30,000 Sardinians and takes 1300 prisoners. In the second the dead (between Sardis and Carthaginians) will be 22,000 and the prisoners 3,700. The massacres will continue even after 215 BC: nec nunc quidem omni parte pacata (the population is not yet “pacified”), writes the Roman historian Tito Livio. And therefore it is still necessary to continue with the massacres, to definitively annihilate the “resistant” Sardinians, according to the Roman and Livian philosophy based on “parcere subiectis” (forgiving those who submit) but “defeating superbos” (exterminating those who dare to oppose). a frightening ethnocide. Our ethnic community was engulfed by the abyss. At least half of the population was annihilated, killed and enslaved. “In the years 177 and 176 BC – writes the historian Piero Meloni – an army of two legions was sent to Sardinia under the command of the consul Tiberio Sempronio Gracco: such a large contingent clearly indicates the military commitment that the operations involved”. At the end of the two years of war – 12,000 were killed in 177 and 15,000 in 176 – this commemorative plaque was placed by the victors in the temple of the Goddess Mater Matuta in Rome, reported by Livio: “Under the command and auspices of the consul Tiberio Sempronio Gracchus the legion and the army of the Roman people subdued Sardinia. More than 80,000 enemies were killed or captured in this province. Conducted things in the happiest way for the Roman state, friends freed, income restored, he brought back the army safe and sound and rich in booty, for the second time he entered Rome triumphing. In memory of these events he dedicated this table to Jupiter ”.
The slaves brought to Rome were so numerous that they “disturbed” the market of the same in the whole Mediterranean, causing the price to fall, so much so that Livio Sardi venales himself said: Sardis to sell, at low prices. More tens and tens of thousands of Sardis were killed by the Roman armies in other wars, all documented by Tito Livio, who speaks of eight triumphs celebrated in Rome by the Roman consuls and therefore of as many victories for the Romans and slaughters for the Sardinians. locked up in the mountains, thus becoming “barbarian” and barbaric, because she refused the Roman civilization: that is, to surrender and submit. Four to five thousand nuraghi were destroyed, their stones scattered or used for forts, roads, sewers or theaters; they even seem to have cast the bronzes, the precious figurines, to model daggers and cuirasses, to nail metal joints in the vaults of temples, to armor the beaks of warships. The exuberant creativity and popular ingenuity were repressed and strangled. Community management of resources, lands, forests and water, was defeated and replaced by large estates, wheat plantations worked by chained slaves, privatized waters, incinerated woods. Sardinia was divided into Romanìa and Barbarìa. Enclosed within the boundary of the Roman Empire and isolated from the world. This is where the isolation and division of the Sardinians arise, not from insularity or from an alleged asociality. To this scourge the Sardinians opposed six hundred years of guerrillas and insurrections, revolts and burdens. The fight was epic, also because the intent of the new ruler was to bring about a radical transformation of the “civil and moral” structure, which the Carthaginians had not done. The reaction of the natives was made of open battles and hidden pitfalls, with clear means and in hiding. Sardinia, despite the eight triumphs celebrated by the Roman consuls, was one of the last Mediterranean areas to suffer the pax romana, says the historian Meloni. But it was not annihilated. The resistance continued. The Sardinians managed to regenerate, overcoming the defeats and becoming independent again with the four Giudicati: sos rennos sardos (the Sardinian kingdoms).