3000 BC – The cult of the ancestors in the ancient Domos de Janas of Sardinia – 3000 a.c. – (Il culto degli antenati nelle antiche Domos de Janas della Sardegna)
English Version in the end
Tratto da riflessioni di Mario Carboni – adattato e tradotto da Gavino Guiso
Come ogni anno all’avvicinarsi della giornata dedicata ai defunti s’accende la discussione pro o contro Halloween. Quest’anno, complici le misure anticovid-19, certamente non ci saranno i festeggiamenti all’americana che aumentano esponenzialmente anno dopo anno di una nuova ricorrenza che è divenuta una forte occasione economica e di comunicazione di massa. Da noi, isolàni ed isolati, ma non per colpa nostra ma per volontà dei vari colonialismi che ci hanno oppresso e condizionato sin da quando perdemmo la nostra libertà per mano punica, si sono conservate tradizioni che rappresentano la continuità spirituale con gli antichissimi sardi liberi per millenni sulla nostra terra. Ancora oggi è straordinaria la persistenza del culto dei morti fra i sardi e che prende corpo nei nostri paesi e città a cavallo fra ottobre e novembre. Pochi riflettono, abbacinati solo dalla grandezza della civiltà nuragica, sul lunghissimo periodo storico precedente a quello militaresco e guerriero del bronzo, che comunque rimane concretamente presente, scavato e dipinto nelle migliaia di domus de janas diffuse in tutta l’Isola. Ma che cosa sono quelle grotticelle scavate con attrezzi di pietra nella pietra se non l’espressione corale di un profondo, radicato, culturalmente e spiritualmente elevatissimo culto dei morti e degli antenati del popolo sardo del neolitico e sino all’età del bronzo? Infatti le domos de janas, sia che si presentino isolate o a piccoli e grandi gruppi in ogni dove, non sono altro che tombe in cimiteri di singole famiglie, di piccoli villaggi o grandi comunità di agricoltori, pastori, pescatori, cacciatori, artigiani e commercianti di ossidiana in tutto il Mediterraneo occidentale. Molte, le più grandi e decorate, ci mostrano come erano le case dei sardi, solide e spaziose certamente quelle dei più ricchi, con grandi assi di quercia a reggere il tetto spiovente e con focolari al centro delle stanze. Erano tombe collettive nelle quali venivano inumate generazioni e generazioni di sardi in un lunghissimo periodo storico che dovette essere pacifico ed operoso in un’Isola protetta dal mare e prima che con l’avvento del bronzo il Mediterraneo si trasformasse in un mare di guerrieri, d’invasioni e di distruzione di civiltà in lotta fra di loro nel quale si distinsero i sardi Shardana. Certamente lo spazio esterno delle domos de janas, che oggi ci appare colpevolmente abbandonato, spoglio e brullo, allora era amorevolmente curato dai vivi, probabilmente ornato da piante, giardini e omaggiato da tanti fiori, offerte di cibi e illuminato da lampade e lumini, da parte di parenti dei morti nelle loro visite, durante i funerali e nelle cicliche feste comunitarie dedicate ai defunti. Oggi sappiamo, dalle ricerche sul DNA dei sardi attuali, caso unico, raro e straordinario condiviso solo con i baschi, che il nostro patrimonio genetico è ancora quello del neolitico, e che quindi la nostra eredità culturale ha seguito un’evoluzione senza soluzione di continuità a partire da allora. Per questo certamente le radici culturali dell’attuale culto dei sardi per i defunti si trovano in quel lontano periodo storico. Probabilmente anche allora i bambini dei villaggi neolitici sardi, quando lo studio dei cicli solari e lunari avvisavano che erano vicini o presenti la notte e il giorno dedicati ai defunti, dedicati alla speciale rievocazione delle loro credenze sulla vita e la morte, sull’aldilà, sulla permanenza della vita spirituale oltre la vita fisica, sul rapporto con i trapassati e gli antenati, andavano di capanna in capanna, di casa in casa, a chiedere dolci, frutta secca, magari mascherati e con zucche vuote e illuminate dall’interno con candele, come si è sempre fatto nelle nostre comunità e si continua a fare in alcuni paesi.
Davanti alle Domos, alle tombe di famiglia, oppure nelle capanne e nelle case, si lasciavano anche allora, come si e fatto sempre sino ad oggi, le tavole apparecchiate con i cibi migliori, affinché le anime in visita in quei momenti nei quali si apriva uno spazio di transito fra il mondo dei morti con quello dei vivi, potessero rifocillarsi per tornare tranquille nel loro mondo di trapassati. Oggi sappiamo anche che in tutta Europa, di quelle popolazioni neolitiche e della loro civiltà megalitica, non rimane che la traccia monumentale, le grandi stele di pietra, i circoli megalitici, i dolmen, le tombe e i reperti archeologici. Tutto questo, compreso il patrimonio genetico di quelle popolazioni, è scomparso, distrutto o assorbito in parte da nuove realtà storiche che hanno trasformato radicalmente l’Europa. Altri popoli, culture, credenze religiose sono avanzate ad ondate da est e fra queste i Celti, popolazione indoeuropea proveniente dalle steppe euroasiatiche, che invasero solo all’inizio del I millennio a.c. l’Europa arrivando sino alla Scozia, Irlanda e Spagna. Ma non arrivarono in Sardegna e anche nel Paese basco.. Non si sa quanto violentemente si sovrapposero alla civiltà e alle popolazioni europee megalitiche non indoeuropee, mischiandosi pur prevalendo su esse. In Francia furono i Galli, nelle isole ad occidente i Britanni, gli Irlandesi, gli Scoti, in Spagna i Celtiberi. Il fatto che in Sardegna i sardi discendenti dai megalitici per eccellenza che nulla hanno a che fare con i Celti e non sono indoeuropei conservino ancora la festa de Su mortu mortu o de Sas animas , intagliando le zucche e portandole ritualmente in giro, può significare che l’Halloween ritenuto una festa celtica , altro non sia che l’assorbimento da parte dei Celti di una credenza e pratica riguardante i giorni dedicati ai defunti e al mondo ultraterreno, delle popolazioni preceltiche e preindoeuropee, che avevano trovato nella loro invasione dell’Europa ed in particolare dell’Europa occidentale e che era anche dei sardi antichi . Per cui Su mortu mortu sardo e Sas animas con Sas Concas de mortu conservatesi in Sardegna, pur con qualche contaminazione successiva , sarebbe l’espressione più antica e originale dei primi popoli europei pre celtici e all’origine di Halloween . Quindi piuttosto che demonizzare Halloween sarebbe meglio recuperare le nostre tradizioni completamente e non rinunciando ad una plausibile primogenitura….Come sarebbe opportuno intervenire urgentemente per salvaguardare le Domos de Janas barbaramente abbandonate al degrado nell’incuria generale e nell’inconsapevolezza del loro vero e fondante valore per l’identità nazionale del popolo sardo.
3000 BC – The cult of the ancestors in the ancient Domos de Janas of Sardinia
As every year, as the day dedicated to the dead approaches, the discussion for or against Halloween ignites. This year, thanks to the anticovid-19 measures, there will certainly be no American celebrations that increase exponentially year after year of a new anniversary that has become a strong economic and mass communication opportunity. With us, isolated and isolated, but not through our fault but by the will of the various colonialists who have oppressed and conditioned us since we lost our freedom at the hands of the Punic, traditions have been preserved that represent spiritual continuity with the ancient Sardinians free for millennia on our land. Even today the persistence of the cult of the dead among the Sardinians is extraordinary and takes shape in our towns and cities between October and November. Few reflect, dazzled only by the grandeur of the Nuragic civilization, on the very long historical period preceding the military and bronze warrior period, which still remains concretely present, excavated and painted in the thousands of domus de janas spread throughout the island. But what are those caves carved out of stone with stone tools if not the unanimous expression of a deep, rooted, culturally and spiritually very high cult of the dead and ancestors of the Sardinian people from the Neolithic to the Bronze Age? In fact, the domos de janas, whether they appear isolated or in small and large groups everywhere, are nothing more than graves in the cemeteries of individual families, small villages or large communities of farmers, shepherds, fishermen, hunters, artisans and traders of obsidian throughout the western Mediterranean. Many, the largest and most decorated, show us how Sardinian houses were, solid and spacious certainly those of the richest, with large oak planks supporting the sloping roof and with hearths in the center of the rooms. They were collective tombs in which generations and generations of Sardinians were buried in a very long historical period that had to be peaceful and industrious in an island protected by the sea and before the advent of bronze the Mediterranean was transformed into a sea of warriors, d invasions and destruction of civilizations fighting each other in which the Sardinians Shardana distinguished themselves.
Certainly the external space of the domos de janas, which today appears to us guilty abandoned, bare and barren, was then lovingly cared for by the living, probably adorned with plants, gardens and honored by many flowers, food offerings and illuminated by lamps and candles. part of relatives of the dead in their visits, during funerals and in the cyclical community celebrations dedicated to the dead. Today we know, from the DNA research of current Sardinians, a unique, rare and extraordinary case shared only with the Basques, that our genetic heritage is still that of the Neolithic, and that therefore our cultural heritage has followed a seamless evolution since then. For this reason, certainly the cultural roots of the current cult of the Sardinians for the dead are found in that distant historical period. Probably even then the children of the Sardinian Neolithic villages, when the study of the solar and lunar cycles warned that the night and day dedicated to the dead were near or present, dedicated to the special re-enactment of their beliefs on life and death, on the afterlife, on the permanence of the spiritual life beyond physical life, on the relationship with the deceased and the ancestors, they went from hut to hut, from house to house, asking for sweets, dried fruit, perhaps masked and with empty pumpkins and lit from the inside with candles , as has always been done in our communities and continues to be done in some countries.
In front of the Domos, at the family tombs, or in the huts and in the houses, even then, as has always been done up to now, the tables set with the best foods were left, so that the visiting souls in those moments in which it opened a space of transit between the world of the dead and that of the living, they could refresh themselves to return calmly to their world of the dead. Today we also know that all over Europe, of those Neolithic populations and their megalithic civilization, there remains only the monumental trace, the large stone steles, the megalithic circles, the dolmens, the tombs and the archaeological finds. All this, including the genetic heritage of those populations, has disappeared, destroyed or partially absorbed by new historical realities that have radically transformed Europe. Other peoples, cultures, religious beliefs advanced in waves from the east and among these the Celts, an Indo-European population coming from the Eurasian steppes, who invaded only at the beginning of the first millennium BC. Europe reaching as far as Scotland, Ireland and Spain. But they did not arrive in Sardinia and also in the Basque Country. It is not known how violently they overlapped the civilization and the European megalithic non-Indo-European populations, mixing while prevailing over them. In France they were the Gauls, in the western islands the Britons, the Irish, the Scots, in Spain the Celtiberians. The fact that in Sardinia the Sardinians descendants of the megalithics par excellence who have nothing to do with the Celts and are not Indo-European still keep the festival of Su mortu mortu or de Sas animas, carving the pumpkins and ritually carrying them around, may mean that Halloween, considered a Celtic festival, is nothing other than the absorption by the Celts of a belief and practice concerning the days dedicated to the dead and the afterlife, of the pre-Celtic and pre-Indo-European populations, which they had found in their invasion of Europe and in particular of Western Europe and which was also of the ancient Sardinians. So Su mortu mortu sardo and Sas animas with Sas Concas de mortu preserved in Sardinia, albeit with some subsequent contamination, would be the most ancient and original expression of the first pre-Celtic European peoples and at the origin of Halloween. So rather than demonizing Halloween it would be better to recover our traditions completely and not giving up a plausible birthright …. How should urgent action be taken to safeguard the Domos de Janas barbarously abandoned to decay in general neglect and unawareness of their true and fundamental value for the national identity of the Sardinian people.