Sergio Atzeni, autentico testimone della letteratura sarda
Da diversi anni abbiamo una storia della letteratura sarda: l’ha scritta il professor Giusepe Marci, docente di Filologia italiana all’Università di Cagliari , In 375 pagine Marci abbraccia sedici secoli di scrittura in cinque lingue: latino, sardo, castigliano, catalano, italiano. Si va dai vescovi Eusebio e Lucifero, quarto secolo, ai romanzi di Salvatore Niffoi. C’è un mito resistente, antico quasi quanto la Sardegna: il presunto isolamento in cui gli scrittori sardi sarebbero sempre vissuti. ”È vero il contrario”, ci ha spiegato Giuseppe Marci. ”Ho provato a dimostrarlo”. Il lavoro del professore, appena uscito in edizione Cuec (doppia confezione, cartonato e brossura), ha un titolo lungo “In Presenza di tutte le lingue del mondo” ed una dicitura breve: Letteratura sarda.
Tra gli autori maggiormente rappresentativi non poteva mancare Sergio Atzeni, esponente della c.d. nuova letteratura sarda.
SERGIO ATZENI è stato uno dei più grandi scrittori sardi del secondo Novecento. Naqua a Capoterra, (Ca) nel 1952 e poi si trasferì ancora molto giovane a Cagliari – con una parentesi a Orgosolo (Nuoro) frequentando le scuole medie – dove trascorse infanzia e adolescenza e dove compì gli studi liceali e poi frequentò l’università: si iscrisse infatti alla Facoltà di Filosofia, senza tuttavia conseguire la laurea. Nel frattempo iniziò a dedicarsi al giornalismo: a partire dal 1966; infatti collabora con le principali testate sarde (“Rinascita sarda”, “Il Lunedì della Sardegna”, “L’Unione Sarda”, “l’Unità”, “La Nuova Sardegna”, “Altair” rivista da lui fondata e diretta) ma anche con la radio. Questo è il periodo in cui si iscrive al Partito Comunista, partecipando attivamente alla vita politica della città. Intanto nel 1976 ottiene un impiego stabile all’Enel. I suoi esordi in campo letterario coincidono con la raccolta delle Fiabe sarde (1978) e con suggestivi ricuperi di antichi frammenti sardi di racconti (Istorieddas), canti amorosi (Kantus de amorau) e di liriche (Muttettus) che scrive nel 1984 e poi – è lui stesso ad affermarlo – fotocopia clandestinamente per farne dono agli amici, perché la poesia è azione clandestina, sabotaggio, sfida perdente all’ordine delle cose. Ora tali componimenti, in lingua sarda-campidanese, sono raccolti e pubblicati, nel 2008, nella silloge Versus, dall’editore Il Maestrale di Nuoro, a cura di Giancarlo Porcu. Sempre nel 1984 pubblica Araj dimoniu, Antica leggenda sarda, il suo primo racconto lungo, ora, di poco variata dall’Autore, contenuto in Bellas Mariposas, racconto pubblicato postumo nel 1996 dall’editore Sellerio, in cui –scrive Costantino Cossu- belle farfalle, giovani ragazze proletarie, cantano nella lingua dei vinti, il loro lieve, allegro, antichissimo canto di resistenza.Abbandonato l’impiego all’Enel, in concomitanza con la pubblicazione del primo romanzo, Apologo del giudice bandito, si allontana dall’Isola: dal 1986 viaggia attraverso l’Europa, facendo diversi mestieri: pizzaiolo, giardiniere ecc. ma soprattutto il consulente e il traduttore per le maggiori case editrici italiane, per poi soggiornare a Torino prima e in Emilia poi. Questi si rivelano gli anni più creativi nella sua carriera di romanziere. Infatti scrive le sue opere più importanti, come Il figlio di Bakunìn, (1991), – da cui Gianfranco Cabiddu trarrà un film nel 1997 –; Il quinto passo è l’addio (1995), Passavamo sulla terra leggeri che, consegnato all’editore poco prima della morte, sarà edito da Mondadori nel 1996 e ripubblicato prima dal Maestrale (1997) e poi dalla Ilisso (2000), case editrici di Nuoro. In questo stesso periodo curerà la versione italiana di opere di autori come Jean-Paul Sartre, L’ultimo turista, (Il Saggiatore, Milano 1993); Claude Lévi Strauss, Storia di Lince, (Einaudi, Torino 1993); Patrick Chamoiseau, Texaco, (Einaudi, Torino 1994); Stendhal, I ventitré privilegi, (Mondadori, Milano 1992) e di moltissimi altri.Molte altre sue opere sono pubblicate postume, fra queste i racconti di Bellas mariposas; una raccolta di versi: Due colori esistono al mondo, il verde è il secondo (1997); Raccontar fole : spigolature di fraintendimenti e fantasie trovate nei resoconti relativi alla Sardegna di viaggiatori ottocenteschi edita da Sellerio (1999); Gli anni della grande peste, Sellerio ( 2003) e altri ancora, fra cui la raccolta della sua produzione giornalistica: Scritti giornalistici, a cura di Gigliola Sulis, Il Maestrale, (2005). La sua carriera da scrittore viene stroncata tra le acque dell’isola di Carloforte, dove muore il 6 settembre 1995, sbattuto da un’onda assassina sugli scogli dell’isola di San Pietro.
Contrariamente a ciò che si dice, la letteratura in sardo ed in altre lingue che l’isola ha espresso nei secoli, oltreché variegata nei diversi generi, è ricca di opere e di autori. Ovviamente, la produzione letteraria di una lingua e cultura minoritaria non può essere paragonata a quella di una grande nazione o stato da un punto di vista quantitativo, ma la qualità e o spessore sono fuori discussione.
Tornando al Professor Marci, egli afferma: trent’anni fa la letteratura sarda non esisteva neppure come definizione, oggi io insisto sull’aggettivo.
“Sì, io scrivo letteratura sarda e non mi sembra un gesto eversivo. Chi non lo fa vuole negare l’esistenza di un soggetto etno-storico”.