Paolo Orano, il sardista razzista


La storia va raccontata tutta, anche quella più spiacevole e negativa soprattutto oggi 1 settembre anniversario delle famigerate leggi razziali del 1938. Ed il mio amico Mario Carboni, sardista lucido e culturalmente adeguato al ruolo di intellettuale e ideologo, così dice del personaggio:


Un neo nella storia sardista fu la candidatura di Paolo Orano prima nella lista l’Elmetto dei combattenti e poi ripetuta diabolicamente nella lista del PSdAz che si presentava per la prima volta alle elezioni.
Furono contrari a questa candidatura e soprattutto a quella di non combattenti Camillo Bellieni e i sardisti sassaresi, mentre i sardisti cagliaritani capitanati da Emilio Lussu , con la forza del numero dei maggiori iscritti, aprirono le porte ai primi taxisti nel partito. A quelli cioè che in 100 anni di storia sardista sono riusciti ad entrare nel PSdAz, fare i loro comodi e poi scenderne senza pagare la corsa e facendo non pochi danni.”
Paolo Orano fu uno di questi e senz’altro il peggiore come ha dimostrato la sua vita di razzista vero, antisemita, fascista conseguente sino alla fine.
Sin da giovanissimo si era distinto come vero e proprio razzista coerente col pensiero dominante dell’epoca tanto che all’annuncio della sua candidatura con i combattenti si era scatenato un putiferio e si era levata alta l’indignazione generale che non era solo da parte di avversari politici dei combattenti ma si basava su fatti concreti e su scritto razzisti e discriminatori di Paolo Orani contro i sardi.
La cultura razzista italiana antisarda , precedente al fascismo, si era presentata con grande successo nel 1897 con il libro La delinquenza in Sardegna di Alfredo Niceforo che aveva individuato nella Barbagia una zona delinquente.
I reati più comuni nell’Isola, la conformazione fisica dei sardi barbaricini, la loro cultura ancestrale, i modi di produzione e il sopravvivere del codice barbaricino, così ben studiato da Antonio Pigliaru fra il 1955 e il 1969 i cui principali saggi sono stati pubblicati nel suo libro La vendetta barbaricina come ordinamento giuridico delle zone interne e del resto dell’isola venivano spiegati in sintonia con la pubblicistica dell’epoca come frutto di una degenerazione razziale irreversibile.
Niceforo, molto noto e rispettato, aveva individuato nel sangue dei sardi, nella loro razza mediterranea e nei veleni accumulati in millenni di degenerazione le cause biologiche della delinquenza innata e della loro pericolosa diversità, dando una giustificazione scientifica alla colonizzazione dell’Isola del recente Regno d’Italia che aveva soppiantato il secolare Regno di Sardegna.
All’epoca la spiegazione razziale della minor conformazione fisica dei sardi, delle malattie genetiche e della altissima mortalità infantile non veniva attribuita come oggi è evidente alla povertà, alla fame, alla mancanza di cure e medicine e soprattutto alla malaria, ma a cause non modificabili di difetto razziale.
Queste aberrazioni razziste, in una Sardegna con l’analfabetismo intorno all’ 8o %, erano state interiorizzare anche da parte dei ceti dominanti concentrati nelle città, costituendo uno dei più eclatanti episodi di autocolonialismo e disprezzo di sé stessi;
al punto che nel 1906 l’Associazione fra i commercianti industriali e produttori da Cagliari formata , per la verità, in massima parte da continentali o discendenti di continentali piemontesi o addirittura spagnoli, sostenne che la Sardegna si dovesse “ colonizzare con una immigrazione selezionata: si otterrà con ciò il il ripopolamento progressivo indispensabile ed il miglioramento, mercé l’incrocio della popolazione indigena, con cui si risolveranno molti problemi antropologici e culturali. “
Niceforo, molto noto e rispettato, aveva individuato nel sangue dei sardi, nella loro razza mediterranea e nei veleni accumulati in. Per capire e storicizzare meglio la vicenda bisogna anche ricordare come le tesi positiviste razziste fossero non solo diffuse in generale, ma in Sardegna erano state diffuse ed in un certo senso accettate e rispettate, pur con le reazioni contrarie evidenti soprattutto strumentalmente per motivi eminentemente elettoralistici più che per un radicale rifiuto.
Uno dei maggiori promotori e divulgatori fu Paolo Orano, nato a Roma da padre sardo, antropologo e criminologo molto attivo politicamente, che nel 1896 pubblicò “ Psicologia della Sardegna “ a seguito di un suo viaggio di studio in Sardegna in compagnia di Alfredo Niceforo durante il quale visitò anche Grazia Deledda che apprezzando i due dedicò il romanzo “ La via del male “ ad Alfredo Niceforo e Paolo Orano che amorosamente visitarono la Sardegna “.
Nel 1897 pubblicò anche il saggio “ Sul rinnovamento della Sardegna” nel quale rafforzava pur in chiave rivendicazionista le sue idee sulla inferiorità etnico-razziale dei sardi.
Orano era un reduce della Grande guerra anche se non combattente ma impiegato soprattutto in ruoli di propaganda alle truppe e soprattutto in Francia.
Si era inserito nel mondo degli ex combattenti che in Sardegna si erano organizzati autonomamente e soprattutto con una base coesa e disciplinata di fanti della Brigata Sassari che rispondevano ancora ai loro giovani ufficiali e che in seguito fondarono il Partito sardo d’Azione.
I combattenti sardi si presentarono alle elezioni del 1919 con la candidatura di punta di Paolo Orano che fu presentata con forza dalla commissione elettorale dell’Ogliasta presieduta da Egidio Pilia del gruppo che faceva riferimento alla rivista “ Il popolo sardo”, e sostenuta da Emilio Lussu che non avendo ancora trenta anni non poteva essere allora candidato.
La candidatura riuscì a superare l’opposizione di Camillo Bellieni e Luigi Battista Puggioni che diffidavano di un imboscato non combattente e non condividevano le sue idee razziste antisarde e il suo precedente girovagare fra partiti e sindacati dato che era noto come socialista sino al 1906 e scriveva sino al 1911 su “ La lupa “ giornale che incitava alla conquista di Tripoli e vagamente antisemita, e soprattutto non sopportavano il suo sansepolcrismo, anche se nel 1914 aveva collaborato con la rivista antiprotezionista “ Sardegna “ di Attilio Deffenu.
Fu invece d’accordo sulla sua candidatura come anche su quella di Paolo Angioni, Emílio Lussu, per motivi ancora oscuri alla ricerca storica mentre si sa che Paolo Angioni che fu eletto era il titolare dello studio legame nel quale Lussu era apprendista avvocato, ambedue massoni.
Le elezioni furono una grande vittoria dei combattenti sardi organizzati nella Federazione dei combattenti sardi e Orano fu il più votato fra gli eletti della lista “ l’Elmetto “ assieme a Pietro Mastino e Paolo Angioni.
Quando i combattenti sardi trasformarono la Federazione sarda dei combattenti in Partito Sardo d’azione Paolo Orano aderì al PsdAz e fu di nuovo candidato alle elezioni del 1921 risultando eletto assieme a Pietro Mastino, Umberto Cao ed Emilio Lussu che avendo superato i trent’anni poté essere candidato.
Nello stesso anno, dopo la Marcia su Roma Paolo Orano si dimise dal PsdAz e nel 1922 assieme ai sardofascisti entrò nel PNF dove divenne una colonna portante del razzismo e dell’antisemitismo che culminarono con le leggi razziali e la Shoah.
Orano sottoscrisse assieme a 180 scienziati e 140 intellettuali, politici artisti, giornalisti e scrittori il Manifesto sulla razza, la cui lista venne pubblicata su La difesa della razza il 5 agosto 1938 che magistralmente Lussu dall’esilio in Francia contestò col suo magnifico quanto amaro articolo su Giustizia e libertà.
Nel 1939 per difendersi dalle critiche di morbidezza verso gli ebrei e per adeguarsi al razzismo tedesco, pubblicò il libello “ Inchiesta sulla razza”.
Dopo la Liberazione fu rinchiuso in attesa di processo in un campo di concentramento dove morì per cause naturali.
Ma come si sa in Italia sia per i razzisti, per gli antisemiti, responsabili di crimini di guerra e di crimini di ambo le parti nella Guerra di Liberazione ci fu l’amnistia di Togliatti. Italiani brava gente!

Fonte: Mario Carboni