Francesco Cilocco, il patriota sardo da non dimenticare
Francesco Cilocco, che Francesco Casula definisce grande eroe e patriota sardo dimenticato, era un seguace dell’altrettanto grande Giovanni Maria Angioy, rivoluzionario sardo e irrinunciabile riferimento ideologico del sardismo. Proveniente da una famiglia agiata ebbe un’istruzione che gli consentì di occuparsi di questioni giudiziare. Nel 1794 fu uno dei capi della rivolta contro la corona Savoia. Il malcontento accumulato fino a quel momento esplose con un moto di ribellione fra notabili e popolo cagliaritano che, il 28 aprile 1794, catturarono ed espulsero da Cagliari il Viceré e tutti i funzionari piemontesi, vicenda che è oggi commemorata come Sa die de sa Sardigna e festa del popolo sardo.
Essendo un eloquente oratore, nel 1795 fece parte di una delegazione inviata a Sassari per sedare le richieste di autonomia della Sardegna settentrionale. Più esplicitamente prof. Francesco Casula riporta che nel novembre del 1795, col notaio Antonio Manca e con l’avvocato Giovanni Falchi, seguaci dell’Angioy, fu inviato dagli Stamenti nel Capo di Sopra, per la pubblicazione e diffusione, nei villaggi, del pregone viceregio del 23 ottobre che contraddiceva la circolare del governatore di Sassari Santuccio del 12 dello stesso mese, che ordinava di sospendere tutti gli ordini provenienti da Cagliari. Un vero e proprio tentativo “secessionista” del governatore stesso e dei baroni, che avevano la loro roccaforte proprio a Sassari”. Pare che le sue capacità oratorie avessero fatto colpo sui locali che gli chiesero di guidarli contro i potenti sassaresi. Il Cilocco di fatto aderì alle istanze di rivoluzionarie sassaresi e in poco tempo iuscì a raccogliere migliaia di persone che riuscirono a far fuggire i baroni che governavano Sassari. Dice il Prof. Casula che “nonostante il viceré, venuto a conoscenza del piano, cerchi di dissuadere Cilocco dal pubblicare e diffondere il pregone, il Nostro non solo lo pubblica e lo diffonde ma diviene l’anima dei moti, insieme agli altri due commissari, Manca e Falchi, riuscendo a coinvolgere e mobilitare nella sua battaglia antifeudale non solo il popolo (contadini e villici in genere), particolarmente colpito dalla scarsità dei raccolti negli anni 1793-95, ma anche settori della piccola nobiltà e del clero”.
A migliaia, comunque, al di là del numero, a piedi e a cavallo circondarono Sassari, pare al canto di Procurade ‘e moderare, Barones, sa tirannia di Francesco Ignazio Mannu. Così l’esercito dei contadini, guidato dal Cilocco e da Gioachino Mundula, costrinse la città alla resa dopo uno scambio di fucilate con la guarnigione. Quindi, mentre il famigerato duca dell’Asinara, il conte d’Ittiri e alcuni feudatari, erano riusciti a scappare precipitosamente in tempo, prima dell’assedio, rifugiandosi in Corsica prima e nel Continente poi, Cilocco e Mundula arrestarono il governatore don Antioco Santuccio e l’arcivescovo Giacinto Vincenzo Della Torre, portandoli a Cagliari verso cui si dirigono con 500 uomini armati
Dopo aver ottenuto questo risultato, il 31 dicembre partì per rientrare a Cagliari, ma in seguito della repressione scatenata dai piemontesi fu costretto a riparare a Parigi. Trasferitosi in Corsica, nel gennaio del 1801, organizzò una spedizione in Sardegna sperando di ottenere un appoggio da Napoleone. Cercando l’appoggio di banditi e pastori, nel marzo 1802, sbarcò ad Aggius fronteggiante la sponda della Corsica. Qui raccolse un manipolo di pastori con il quale si prometteva di attaccare Tempio Pausania, residenza del comandante civile e militare della Gallura. L’azione svanì a seguito di alcune delazioni e a causa del servizio di spionaggio del regime, portando allo scioglimento della forza.
Il 12 giugno tentò un nuovo sbarco, che colpì di sorpresa, e tra il 16 e il 18 giugno, riuscì a conquistare alcune difese costiere e un battello, ma la reazione dei piemontesi lo costrinse a ritirarsi. Rimase per mesi nascosto tra le montagne per evitare l’arresto ma l’esecuzione di alcuni suoi uomini lo espose a ritorsioni da parte dei parenti dei giustiziati e il 25 luglio del 1802 venne rintracciato e consegnato alle autorità.
La ricostruzione dello storico francesco Casula è molto lucida e dettagliata: “Secondo Giovanni Siotto Pintor invece, braccato per le campagne, con una taglia sul capo di 500 scudi, fu catturato da numerosi banditi, ecco cosa scrive in proposito “fu fermo da quattordici malandrini intesi a procacciarsi l’impunità, trascinato a d’orso d’asino insino a Sassari, flagellato orribilmente dal boia, afforcato”.
“L’eroe sardo – continua Prof. Casula – fu così umiliato (fu infatti messo, sanguinante e pesto, su un asino e fatto entrare prima a Tempio e poi a Sassari, – dopo aver attraversato molti altri paesi sempre sul dorso di un asino – fra la folla accorsa a vedere lo spettacolo e una ciurma di giovinastri prezzolati che fischiavano e gridavano), colpito da una frusta, di doppia suola intessuta con piombo, a tal punto che non può rimanere né in piedi né coricato ma carpone. Una fustigazione deprecata persino da uno storico conservatore come il Manno che scrive ”alla mano del manigoldo non fu lasciato l’arbitrio di quella naturale umanità che poteva sorgere anche nel cuore di un carnefice. Egli fu talmente aizzato da quei notabili andategli incontro, che il carnefice stesso ebbe a mostrarsene indispettito. Il barone maggiore soprannominato il Duca dell’Asinara, dal balcone del suo palazzo lanciava parole di crudele beffa contro l’infelice frustato…” (1)
La supplica che gli venga comminata la pena del carcere perpetuo o il perpetuo esilio è respinta da Placido Benedetto di Savoia, Conte di Moriana, (fratello del re di Sardegna Carlo Emanuele IV). Cedendo – scrive Carta Raspi – ai suoi istinti sbirreschi.. (1)
Insieme all’altro fratello, Carlo Felice, vice re e re ottuso e famelico, (sarà soprannominato Carlo Feroce dal poeta e patriota piemontese Angelo Brofferio) l’infame Conte di Moriana ricorrerà dopo il generoso tentativo del Cilocco e del Sanna Corda, a una repressione violenta e brutale nei confronti dei Sardi patrioti, anche vagamente sospettati di aver preso parte alla tentata insurrezione. (1)
Il Cilocco fu quindi condannato a morte l’11 agosto del 1802, e il 30 pur disfatto per le torture subite, recuperata la propria lucidità, con animo forte – scrive il Martini – saliva sulla forca. (1)
“Non gli fu neppure risparmiata la tortura della corda e delle tenaglie infuocate. Il corpo verrà bruciato e le ceneri saranno disperse al vento, la testa conficcata sul patibolo i beni confiscati” (1)
“Questo supplizio – ricorda Fabritziu Dettori in una bella ricostruzione della figura dell’eroe sardo – gli fu inferto con così zelo che dalle spalle e dalla schiena gli aguzzini riuscivano a strappargli la pelle a «lische sanguinanti». Sollevato sul patibolo semivivo, fu impiccato e, da morto, decapitato. Il suo corpo fu bruciato e le ceneri sparse al vento. Ma la malvagità savoiarda, non sazia, sancì, in tributo alla causa antisarda, che la testa del Patriota sardo fosse rinchiusa dentro una gabbia di ferro ed esposta, a scopo intimidatorio, all’ingresso di «Postha Noba», mentre nelle altre «Porte» della città i lembi della sua carne completavano l’orrore. Il macabro monito rimase esposto per giorni e giorni…” (1)
”Giustizia sabauda e spettacolo per la popolazione sassarese che assistè in bestiale gazzarra alla fustigazione e alla impiccagione“, commenta amaramente Raimondo Carta Raspi. (1)
Macabro ammonimento, aggiungo io, nei confronti dei Sardi, da parte dei più crudeli, spietati, insipienti, famelici e ottusi (s)governanti che la Sardegna abbia avuto nella sua storia, i Savoia. (1)
Cilocco aveva 33 anni. Un grande eroe e patriota sardo, sconosciuto e dimenticato, Est ora de l’amentare! (1)
Ringrazio il Prof. Francesco Casula che ho usato come principale fonte storica per la ricostruzione della figura del patriota sardo Francesco Cilocco.
Orrore. Grazie, Gavino.