Appello agli insegnanti sardi: insegnate la storia, la geografia e la limba sarde.
Ieri sul proprio profilo Facebook Tore Cubeddu, giornalista e scrittore e regista, ha riportato il suo urlo di dolore: “La nostra lingua rischia di non essere più nè popolare (ovvero appartenente al popolo) né colta, perchè indifesa davanti alle scorribande di orde di ignoranti guerrafondai che, come già affermava Gramsci, usano la questione della lingua per evidenziare tristi frustrazioni campaniliste; boriosi tuttologi incapaci di immaginare una qualsivoglia occasione di confronto o crescita.
Mentre discutiamo di picu o marra, la terra resta metaforicamente senza zappare”.
Queste riflessioni venivano riprese da Francesco Casula, docente di storia e filosofia da sempre impegnato in prima linea nello studio e divulgazione del sardo e della cultura sarda, condividendole parola per parola, nella sostanza e nello spirito. Francesco Casula, una grande risorsa per i sardi, per la Sardegna e per la sua millenaria cultura, in una recente pubblicazione spiega: “Il legame fra i membri di una comunità sono la lingua, la religione, i valori, i comportamenti che la comunità stessa ha acquisito attraverso i tempi lunghi della storia. Il bisogno di appartenenza, il radicamento, le radici, la memoria storica rappresentano il collante dell’Identità. La biografia personale si intreccia con la biografia collettiva, la storia locale con la storia generale. La conoscenza e la coscienza delle nostre radici etno-storiche e linguistico- culturali ci aiutano a superare i conflitti fra le diversità. Essere se stessi, con le proprie caratteristiche peculiari è infatti condizione per dialogare con gli altri, per relazionarci. Senza conoscenza, consapevolezza e sviluppo continuo della propria Identità, della propria e specifica fisionomia vi è solo omologazione, vieppiù oggi con la civiltà dei consumi, con la standardizzazione delle merci e dunque dei gusti, con la globalizzazione che tende a tritare tutto e tutti, potando diversità e peculiarità”.
Queste riflessioni non sono cadute nel vuoto ed è stato il giornalista Anthony Muroni a mettere insieme i pezzi di questo puzzle, chiamando, oltre a Cubeddu e Casula, anche Beppe Corongiu, giornalista, funzionario pubblico, scrittore e cultore della lingua sarda ed infine Antonio Moro, giornalista e attuale presidente del Partito Sardo d’Azione ad uno stimolante e concreto confronto proprio sul tema della lingua sarda, il suo stato, il suo ruolo attuale e futuro per i sardi e per la Sardegna.
La lingua è una sola, ha affermato Francesco Casula, e ha ricordato il consiglio che gli diede Cicitu Masala: “parla come vuoi e scrivi come devi”. Su sardu – ha continuato Casula – est una limba unitaria, sas diferenzias sunt solu de pronuntzia. Il vero passo verso la sua difesa è il suo inserimento nella scuola sarda.
Antonio Moro concorda pienamente sul fatto che in questa legislatura il Psd’Az ha un’occasione che non può perdere, specie sul fronte dell’inserimento definitivo e organico dell’insegnamento del sardo a scuola.
Per Beppe Corongiu ci sono due grossi problemi: una scarsa convinzione della classe politica sull’argomento e la debolezza culturale, politica ed economica Tutta la campagna elettorale è stata prefetta, ma nel concreto sono passati due anni senza che si siano potuti notare dei risultati, forse anche per la scarsa discontinuità dei funzionari regionali, che sono rimasti praticamente i medesimi della precedente giunta regionale di centro sinistra, secondo lui poco inclini alle rivoluzioni su questo dirompente tema.
Per Tore Cubeddu le questioni sono tre: la scuola, che non intende collaborare e che continua a dare priorità alle materie italiane, le comunità locali, che fanno resistenza all’adozione di un sardo scritto ufficiale uguale in tutto il territorio sardo, i mezzi di comunicazione come radio e televisione, che hanno avuto un approccio folcloristico, rivolto troppo spesso solo alla fascia più anziana della popolazione e poco attendo al normale uso quotidiano della lingua sarda, allontanando in tal modo i giovani.
Ma cun s’intelletualidade compradora non c’è speranza, ha detto quindi Prof. Casula, che ha criticato il mondo della cultura sarda ed in particolare il mondo accademico, puntando invece a stimolare il senso di responsabilità e appartenenza degli insegnanti sardi i quali, per legge, hanno diritto di scegliere le materie ed gli approfondimenti a piacere per il venti percento dell’orario scolastico.
I sardi, dice Antonio Moro, non perdoneremo mai la Psd’Az di non aver dato in questa legislatura una svolta definitiva alla questione della lingua, che deve tornare al centro del dibattito. Una grande occasione sarà il centenario del Psd’Az, che dovrà essere celebrato con il massimo sforzo possibile portando in dote fatti concreti. Non sfuggiremo alle nostre responsabilità.
PEr Corongiu la lingua può essere difesa solo se dietro c’è una tutela delle istituzioni, ma il problema è che la Regione Sardegna è come un bancomat: se sei nelle grazie del politico di turno ottieni risorse per le tue attività culturali, in caso contrario molti remano proprio contro. Ci vorrebbe inoltre una vera e propria modifica dello Statuto sardo per l’inserimento del principio del pieno bilinguismo, aggiunge Corongiu. Mentre Cubeddu afferma che sino a che non si prende una direzione decisa e definitiva sulla questione del sardo scritto, sarà un problema anche il rapporto con il turismo e la credibilità esterna.
Francesco Casula insiste a chiedere la modifica dello statuto sardo per l’inserimento della previsione legislativa del bilinguismo perfetto, che per Antonio Moro è politicamente molto difficile, ma una via di uscita concreta potrebbe essere anche quella di un decreto di attuazione dello Statuto, come suggerito anche da Beppe Corongiu.
Finchè si utilizzeranno fondi pubblici per produrre contenuti folcloristici non si potranno avere risultati e si continuerà ad allontanare il sardo alla quotidianità dei sardi, dice Antonio Moro e su questo punto c’è l’accordo unanime.
In chiusura Beppe Corongiu afferma che tutto è stato fatto e provato, ma troppo spesso chi viene dopo sfascia tutto. Ma quello che emerge è la sistematica strategia degli avversari del sardo che hanno paura della sua valenza culturale e nazionalistica additando qualsiasi intervento scritto in sardo come errato rispetto alle restanti varianti, la solita guerra campanilistica che per tutelare il singolo dialetto di ognuno dei 377 comuni della Sardegna finisce per contribuire concretamente alla scomparsa dell’intera lingua sarda. A ciò si aggiunga l’altra strategia, quella di additare come pazzi coloro che si battono per la lingua sarda ufficiale. A volte queste strategie paiono arrivare proprio dal mondo accademico.
Per Tore Cubeddu il pensiero che un giorno le nuove generazioni possano aver dimenticato il significato delle parole più comuni in sardo, i nomi delle cose e dei luoghi, è un pensiero che si trasforma in paura ed in una grossa occasione persa, come persa irrimediabilmente sarebbe una cultura millenaria che nel mediterraneo occidentale non ha eguali.
In chiusura Francesco Casula lancia una nota di ottimismo; egli sente crescere un certo desiderio dei sardi di parlare ed usare il sardo e si appella agli insegnanti perchè facciano valere l libertà di insegnamento mentre Antonio Moro auspica che il centenario del Psd’Az possa essere l’occasione per vedere i protagonisti del dibattito e molti sardi insieme per consacrare i simboli dell’identità sarda in un grande momento unitario di tutto il popolo sardo. Ne va della credibilità del più antico partito d’Italia (il Psd’Az) e dell’identità dei sardi che devono trovare proprio nell’identità e nella lingua la propria fiera e comune nazionalità in un’Europa dei popoli diversa e distinta dall’Europa dei banchieri.
Francesco Casula Tore Cubeddu Antonio Moro giornalista presidente Psd’Az Giuseppe Corongiu