Limba Sarda Comuna a difesa dell’identità dei sardi
Questi giorni è divampata sui social una piccola e cortese polemica attorno ad un avviso in lingua sarda affisso dal Comune di Macomer che io ho da subito considerato corretto ed è per me l’occasione per entrare in un argomento a me molto caro: la difesa dell’identità linguistica dei sardi. L’avviso diceva “IN ANTIS BENIT SA SALUDE”. Sono piovute ingenerose quanto comprensibili critiche sulla forma, sui termini utilizzati e sulla grafia, da persone che stimo, tra le quali un ottimo utilizzatore della lingua sarda logudorese nella variante macomerese, giornalista storico, appassionato di lingua sarda e conduttore di un validissimo e meritorio programma radiofonico in limba.
Uno dei più gravi errori che continuiamo a commettere in Sardegna è accapigliarci su quale sia il miglior sardo, la migliore variante, il vocabolo più giusto, la pronuncia più coerente, la grammatica più corretta e intanto che litighiamo su questi dettagli la Repubblica Italiana e prima ancora i piemontesi, gli spagnoli ed i romani ci hanno sempre privato del diritto di sviluppare un governo autonomo che ci avrebbe consentito di sviluppare una lingua sarda ufficiale. Già, ripeto, una lingua ufficiale, perchè a molti, a troppi, sfugge il fatto che, storicamente, qualsiasi nazione, piccola o grande che sia, ha dovuto fare in passato una scelta linguistica unitaria. Lo ha fatto la penisola Italica e quindi il Regno d’Italia, che ha scelto la lingua di Dante come lingua ufficiale; certo non poteva pensarsi di adottare indistintamente le venti varianti regionali o, ancora peggio, i migliaia di dialetti locali.
La lingua di Dante, dunque, è divenuta la lingua comune del Regno d’Italia così come in Spagna ha prevalso il castigliano sul basco sul catalano e sul galiziano. Altra questione è, giusta e legittima, la tutela delle minoranze linguistiche, ma qua si parla di un altro aspetto.
E’ dunque chiaro e logico che la nazione sarda, al pari di ogni nazione che ambisca a mantenere e difendere un’identità linguistica, non può pensare di adottare quale lingua ufficiale 377 dialetti, pari al numero dei comuni sardi, che costituiscono d fatto le 377 varianti della lingua sarda tra le quali in genere si sviluppano discussioni linguistiche e difese campanilistiche di ogni genere.
Così come è accaduto per altre lingue, che di recente hanno una norma scritta di riferimento come il galiziano, il ladino, il friulano, il romancio o lo stesso basco, il cui modello è in generale frutto di mediazione, compensazioni, anche la Regione Autonoma della Sardegna, in seguito ad un grosso lavoro partito dalla fine degli anni 90 del secolo scorso e sulle ali di un dibattito di almeno venti anni prima, ha elaborato un’ipotesi di Lingua Sarda Comuna che da ormai quasi quindici anni è entrata a far parte della vita amministrativa regionale e locale. La lingua adottata è stata il risultato di una approfondita ricerca di regolarità e analogie, con lo scopo di stabilire un sistema operativo “lingua” il più omogeneo e coerente possibile, elementare e semplice da imparare e usare. Come afferma la legge regionale istitutiva del 2006, “la Limba Sarda Comuna intende rappresentare una “lingua bandiera”, uno strumento per potenziare la nostra identità collettiva, nel rispetto della multiforme ricchezza delle varietà locali”.
Arrivando al punto della cortesissima polemica sulla frase incriminata, ho voluto verificare la correttezza di quanto da me affermato ed al punto h) delle regole adottate dalla citata delibera si legge letteralmente che si è scelto di ” ridurre articoli, verbi e avverbi alle parti minime costitutive, separando la preposizione dall’articolo, a su, de su, ecc.; le particelle enclitiche dal verbo, nara·bi·lu, giughide·bi·nche·lu; la preposizione dall’avverbio, a pustis, a foras, in antis”.
Ora, che piaccia o non piaccia, la scelta del Comune di Macomer è corretta su due fronti: a) sulla dovuta osservanza della legge che prescrive e raccomanda l’utilizzo della Limba Sarda Comuna nelle comunicazioni ufficiali in aggiunta alla lingua italiana; 2) sull’osservanza delle regole di sintassi e di grammatica che indicano la parola IN ANTIS quale parola comune sostitutiva di tutte le altre varianti quali innanti, innantis, a innantis, dananti a dananti etc etc.
La delibera regionale, lungi dal voler annullare le differenze tra le varianti dell lingua sarda, che definisce una ricchezza culturale, ha un obiettivo ben diverso; dare ai sardi una lingua comune che cerchi disperatamente di evitare ciò che oggi appare come ineluttabile, cioè l’estinzione della lingua sarda. Ogni abitante della Sardegna continuerà ad esercitare il diritto. riconosciuto dalla Regione Sardegna, di utilizzare la propria specifica parlata locale, al pari di come ai napoletani, ai siciliani, ai bargamaschi, è consentito di fare altrettanto, ma una nazione seria, quella sarda, non può ambire a diventarlo davvero senza una Limba Uffitziale Comuna, per la quale sin dall’inizio mi sono battuto con convinzione.