Il mostro di Loch Ness batte i Nuraghes a tavolino. Svegliamoci.
Riporto senza alcuna modifica il lucido ragionamento e la circostanziata denuncia del Prof. Salvatore Dedola sull’incapacità dei rappresentanti della cultura sarda di ricostruire e rappresentare appieno all’esterno la preziosissima Storia e Preistoria della Sardagna. Un monito che deve tutti spingerci a maggior impegno e concretezza su questo fronte.
La Sardegna è un’isola misteriosa, di Salvatore Dedola
La Sardegna è un’isola misteriosa”. Tale sentenza è ripetuta con convinzione, ed è talmente divulgata che ormai si auto-genera, procede da sola senza spinta, perché nel mondo impazza soltanto questo concetto, e le campane a stormo rilanciano il rintocco di “un’isola misteriosa”. Nessuno ha mai voluto accompagnare questa frase con l’ovvio corollario, secondo cui i misteri, per poter stare in equilibrio, abbisognano di due gambe: la seconda gamba del mistero è l’ignoranza.
Eppure, nonostante i misteri e l’ignoranza, o forse proprio per questo, in Sardegna si approda soltanto per godere delle bellezze marine. Quanto ai “misteri” delle aree interne, basta la parola, ed il turista dopo il bagno torna a casa.
Per mia esperienza, in Sardegna non esiste un flusso turistico organizzato dalle marine verso l’interno. E c’è penuria di gente affascinata dal mistero. Nessuna contraddizione tra parole e fatti. Quei comportamenti sono persino ovvi, poiché la parola “mistero” – anzi, il binomio mistero-ignoranza – di per sé non è in grado di accendere le fantasie, almeno sino a quando il fumoso concetto non venga “ingabbiato” da una robusta rete di narrazioni, di evocazioni, di sensazioni, portato infine a sfiorare (almeno a sfiorare) la razionalità scientifica.
Un esempio per tutti può essere il Mostro di Loch Ness. Per quanto non esista, ha attirato per decenni i turisti per il solo motivo che – scientificamente – esso rimane pur sempre una possibilità inconfutabile. Quel “Mostro” evanescente e inafferrabile è stato giustamente “ingabbiato” e venduto proprio nella sua semplice possibilità scientifica. Ed il pacchetto turistico così confezionato è stato accolto, nonostante la tetra monotonia delle sponde del Loch Ness.
In Sardegna invece quel tanto sbandierato “mistero” rimane nudo come il Re delle “Mille e una Notte”. Gli operatori turistici non attireranno mai un bel niente sino a che non rivestiranno il proprio Re con abiti visibili. Ma a ben vedere la cancrena del “vuoto misterioso” non infetta soltanto il turismo, anzi ha molti compagni di viaggio.
Che i Sardi sappiano rappresentare la propria isola soltanto con fumisterie, forse è un destino che accomuna ogni branca. La Sardegna ha molti venditori di fumo anche nel campo della scienza e della cultura. Scienza-cultura sono altre due gambe capaci di deambulare unitamente, ed è facile accreditargli maggiori possibilità rispetto al binomio mistero-ignoranza, essendo fatte per varcare orizzonti e giungere a mete lontane, sicure, fruttuose.
Da umanista, mi riesce meglio scandagliare soltanto il mio ambito di studi, soffermandomi esattamente sulla branca delle Antichità, nella quale sono più versato e per la quale mi è più facile intuire e perseguire il binomio scienza-cultura. Ma con stupore in questa branca scorgo fumo dappertutto, in mezzo al quale chiunque rischia di subire una metamorfosi de-umanizzante, e senza più capire si trova a vegetare come la blatta di Kafka. Il meno dotto ed il più dotto tra di noi, impauriti e coi lobi cerebrali resecati, senza più punti di riferimento, si stringono l’un l’altro come il cieco e lo sciancato, incespicano, cadono senza capire il perché di tanti spuntoni, di tanti fossi, di tanti trabocchetti. Sembra di essere cascati in un girone infernale, dove la densa caligine rende azzardato ogni moto, ed il viandante, attirato entro le fosse del mistero e del silenzio luciferino, penetra ed affoga nella lorda fanghiglia dello Stige, sopraffatto dal Regno dei Morti.
La cultura in Sardegna pare veramente il regno dei morti, dove niente si muove, mentre lo sfondo, la prospettiva, viene occupata da surreali feticci con nomi spettrali, che appaiono proiettati come le ombre nella spelonca platonica. Quelle ombre, se vivessero, darebbero vera linfa, vera luce, vero nutrimento alla Sardegna. E attirerebbero tanto turismo culturale. Ma sono state ridotte a pura sagoma caliginosa, a mero oggetto inespressivo. Manco a dirlo, sto parlando delle più grandi opere culturali dell’isola, sto parlando dei Nuraghes, delle Domus de janas, delle Tombe di giganti, della Stele di Nora, della base colonnare di San Nicolò Gerrei, della brocca di Villagrande, dei Guerrieri di Monti Prama.
Da quando è cominciata la stagione della “scientificità”, da 150 anni, su questi monumenti si è prodotto soltanto fumo, ed il passare dei decenni ha portato alla ribalta sempre nuovi attori, nuovi docenti, nuovi archeologi, sino a quelli oggi viventi, ognuno clonato dal precedente, i cui comportamenti, anziché determinarsi ad uscire dal girone di caligine, anziché illimpidirsi, si sono sempre più involuti, generando sempre più fumo, tanto fumo, così da silenziare o annacquare forzosamente un campo d’indagini e di certezze per le quali invece la Sardegna sarebbe dovuta essere celebre come faro dell’orbe terracqueo.
Inizialmente avremmo potuto apostrofare questa gente come “disattenta”, o come “schiava della burocrazia”, oppure compatirla per le lamentele ch’emette circa i “pochi soldi che inibiscono grandi azioni”. Ma dopo quasi 50 anni dalla laurea in Lettere Classiche, debbo ammettere obtorto collo che la Sardegna non è afflitta da quei malanni ma soltanto dalla luciferina volontà di annebbiamento, di occultamento, di assoluta Nolontà.
Noi, dopo i nostri collettivi e reiterati tentativi di stimolo, mortificanti perché non necessari e vanamente rimbalzati da quel muro di gomma, non siamo più in grado di descrivere quel fenomeno con i normali epiteti del vocabolario; non possiamo più scagliare contro l’accademia gli abusati epiteti quale “ignoranza”, “pigrizia mentale”, “scarsezza d’idee”, “proterva clausura nella turris eburnea”. Forse rimane ancora disponibile la definizione di “porto delle nebbie”.
Così come la Procura di Roma è stata definita per tanti decenni il “porto delle nebbie”, dove ogni scandalo nazionale è andato a svanire e annullarsi, lo stesso possiamo dire per l’atteggiamento delle Università e delle Sovrintendenze in Sardegna a riguardo dei monumenti e dei documenti scrittori che rendono unica la cultura dell’isola.
Sui monumenti approdati al Porto delle Nebbie sto scrivendo un libro.