Coronavirus e autogoverno dei sardi, negata la richiesta di chiusura dei porti e aeroporti per 20 giorni.
L’emergenza determinata dall’epidemia di Coronavirus sta mostrando ampiamente la differenza che passa tra un autonomismo di facciata ed un federalismo concreto e rispettoso delle specifiche situazioni in una Repubblica, quella italiana, che a malapena ha applicato la Costituzione, figuriamoci se poteva mai abbracciare il federalismo auspicato da parte consistente dell’Assemblea costituente.
Queste riflessioni sono la naturale conseguenza del rifiuto, da parte del Governo nazionale, di accogliere un emendamento del nostro Governatore sardo che intendeva attuare un blocco temporaneo, ma totale degli spostamenti dalla penisola alla Sardegna.
Sul punto il mio amico Mario Carboni ha fatto la consueta analisi frutto di logica e buon senso: “La proposta di Solinas per la modifica del DPCM bocciata dal Consiglio dei ministri prevedeva che “è vietato fino al 3 aprile 2020, salvo casi urgenti e indifferibili, ogni spostamento in ingresso e in uscita a bordo di navi passeggeri e aerei di linea; il traffico merci marittimo è consentito solo attraverso l’utilizzo di semirimorchi non guidati; il traffico aereo è consentito solo per il servizio postale”.
La proposta é stata respinta! Eppure é la misura più ragionevole per evitare ulteriori contagi di importazione in Sardegna come territorio geograficamente separato dal continente. Il rifiuto é eminentemente politico e irragionevole dal punto di vista della migliore pratica utilizzabile contro l’espandersi del contagio da coronavirus . Si tratta di un riflesso centralistico e colonialistico che pur di non aderire ad un legittimo atto di autogoverno e quindi di autodecisione, va conto gli interessi sia dei sardi che degli italiani“.
Ha ragione Mario e ha ragione a sottolineare questi aspetti nella speranza che ce ne ricordiamo quando sceglieremo i nostri rappresentanti nelle istituzioni.